L’unificazione è stata recepita in Italia mediante il d.l. 615 del 12-11-1996, che ha disposto l’adeguamento del precedente valore di 220/380 Volt AC.
Tuttavia, andando a rivolgere lo sguardo al di fuori del contesto europeo, si scopre una certa mancanza di uniformità tra le tensioni adottate in molti paesi (anche industrialmente avanzati e tra essi vicini). Se, per esempio, il valore della tensione fase- neutro è in tutta la Comunità europea di 230 Volt AC, molti Paesi non comunitari adottano per tale tensione valori quali 110, 115, 120, 127, 220, 230, 240, 250 Volt AC.
Vi sono Stati nei quali il sistema di distribuzione opera addirittura in corrente continua (come accade in alcune parti dell’Argentina e dell’India), con tensioni che possono raggiungere anche i 480 Volt DC. Se la presenza nell’apparecchio di un apposito commutatore (il cosiddetto cambiatensione) consente la scelta del più appropriato valore di tensione AC, il problema sussiste relativamente all’eventuale diverso valore della frequenza di rete. In tal caso, l’insieme delle possibilità si riduce “fortunatamente” a due valori: 50 o 60 Hz ma, nonostante ciò, tale problema è sicuramente più difficile da risolvere almeno con soluzioni a basso costo ed ingombro.
Eventuali malfunzionamenti o danni causati ad un’apparecchiatura conseguenti ad un suo utilizzo con una frequenza diversa da quella nominale sono tuttavia da prendere in considerazione solamente per un numero limitato di tipologie di carico; ad esempio carichi puramente ohmici, o che non leghino particolari sincronismi (elettrici o elettronici) al periodo di rete o, ancora, contenenti stadi passivi che raddrizzano l’onda sinusoidale per ricavare una tensione continua di alimentazione, non risentono granché della differente frequenza. Oltre che sui valori assoluti di tensione e frequenza, analogo discorso può essere effettuato nei riguardi della tolleranza garantita dai vari gestori sui valori nominali.
Anche le geometrie dei sistemi presa-spina subiscono notevoli variazioni passando da un paese all’altro assumendo forme, dimensioni e configurazioni del tutto diverse. Limitandosi a considerare solo i sistemi maggiormente diffusi tra i paesi più industrializzati, si contano una dozzina di differenti standard tant’è che ormai quasi tutti i più importanti costruttori di componenti per impianti di utilizzazione “esibiscono” nel proprio catalogo un numero non indifferente di moduli presa adatti ai principali standard esteri. Il problema citato si ripercuote anche sui prodotti di largo consumo del mercato elettrico. Infatti, a partire dagli anni post bellici, un numero sempre maggiore di apparecchiature elettriche ed elettroniche di uso comune (prevalentemente elettrodomestici, accessori, gadgets) vengono commercializzate o utilizzate in paesi differenti da quello di produzione. Spesso, per molte apparecchiature funzionanti con alimentazione da rete, le specifiche sulla tensione e sulla frequenza sono le uniche che il costruttore raccomanda di rispettare affinché il prodotto offra le prestazioni dichiarate.
Se in Italia la tolleranza in frequenza è del ±2% vi sono nazioni ove questa può cambiare fino al ±25% ed in Botswana (un piccolo stato a Nord della Repubblica Sudafricana) la tensione può variare addirittura del 100 % rispetto al proprio valore nominale! Sono ovviamente casi particolari ma che dovrebbero indurre a riflettere circa il grado di unificazione ad oggi in essere nelle varie parti del mondo.