Pubblicato: 16 maggio 2012
Categoria: Guide e approfondimenti
Chiunque abbia almeno una volta provato a tranquillizzare, ragionando e con
logica, anche in base a dati di fatto e misure, persone che si ritengono esposte
a dosi eccessive e pericolose di onde elettromagnetiche, sarà rimasto frustrato
nel suo tentativo. Questo perché la logica ed il ragionamento non funzionano,
quando chi è di fronte, fonda la sua presa di posizione su dati statisticamente
non significativi (malori, malattie o addirittura morti di persone care che
abitavano nei pressi di una sorgente di campi elettromagnetici), ma emotivamente
di grande impatto e con un radicamento profondo nella propria mente. Ecco che
allora nasce, per situazioni di incertezza scientifica come questa, un approccio
psicologico nell’affrontare il problema, che sappia affrontare la comunicazione
in maniera corretta.
Magari può capitare di parlare dei campi elettromagnetici con una persona che è fermamente convinta e seriamente preoccupata dei rischi a loro associati, mentre la stessa si fuma una sigaretta dopo l’altra. Viene spontaneo chiedersi allora come si insinua la percezione del rischio nelle nostre menti ? Sicuramente la risposta che viene spontanea darsi è legata alla volontarietà dell’accettazione del rischio: se fumo, decido io quali e quanti rischi prendere, se ho un elettrodotto vicino, che magari non serve nemmeno casa mia, faccio fatica a subire un campo elettromagnetico che non ho scelto.
Su questo argomento, che forse si avvicina più a Freud che a Ohm, ci appoggiamo ad un documento dell’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) pubblicato nel 2002 e curato nella versione italiana dal Consorzio Elettra 2000: “Come stabilire un dialogo sui rischi dei campi elettromagnetici”.
Magari può capitare di parlare dei campi elettromagnetici con una persona che è fermamente convinta e seriamente preoccupata dei rischi a loro associati, mentre la stessa si fuma una sigaretta dopo l’altra. Viene spontaneo chiedersi allora come si insinua la percezione del rischio nelle nostre menti ? Sicuramente la risposta che viene spontanea darsi è legata alla volontarietà dell’accettazione del rischio: se fumo, decido io quali e quanti rischi prendere, se ho un elettrodotto vicino, che magari non serve nemmeno casa mia, faccio fatica a subire un campo elettromagnetico che non ho scelto.
Su questo argomento, che forse si avvicina più a Freud che a Ohm, ci appoggiamo ad un documento dell’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) pubblicato nel 2002 e curato nella versione italiana dal Consorzio Elettra 2000: “Come stabilire un dialogo sui rischi dei campi elettromagnetici”.
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