Si possono analizzare diversi casi che si possono verificare:
- Impianti già denunciati prima del 23/01/2002 e sottoposti in passato, ad
omologazione o verifica
- Il datore di lavoro confronta la data dell’ultima verifica
dell’impianto, con la scadenza prevista dal DPR 462/01.
- Se i due anni (impianti verificati dopo il 23/01/00) o
cinque anni (impianti verificati dopo il 23/01/97), a seconda
dei casi, non sono stati superati, ovviamente si
attende fino alla scadenza, e poi si chiede la verifica.
- Se i due anni (impianti verificati prima del 23/01/00) o
cinque anni (impianti verificati prima del 23/01/97)
sono invece già trascorsi, il datore di lavoro deve
chiedere subito la verifica periodica all’ASL/ARPA od organismo
abilitato.
- Il datore di lavoro confronta la data dell’ultima verifica
dell’impianto, con la scadenza prevista dal DPR 462/01.
- Impianti già denunciati, ma non ancora sottoposti a verifica e
quindi in attesa di prima verifica
- Il datore di lavoro confronta la data della denuncia
dell’impianto effettuata con i modelli A, B o C, con la data di entrata in
vigore della legge (23/01/2002).
- Per gli impianti che prevedono verifica quinquennale,
se la data della denuncia è antecedente al 23/01/1997, il datore di
lavoro deve presentare subito richiesta di verifica all’ASL/ARPA od
organismo abilitato.
- Per gli impianti che prevedono verifica biennale,
se la data della denuncia è antecedente al 23/01/2000, il datore di
lavoro deve presentare richiesta di verifica all’ASL/ARPA od organismo
abilitato.
- Nel caso in cui il biennio o il quinquennio non sia ancora compiuti, si
attende la scadenza e si invia la richiesta di verifica.
- Il datore di lavoro confronta la data della denuncia
dell’impianto effettuata con i modelli A, B o C, con la data di entrata in
vigore della legge (23/01/2002).
- Impianti mai denunciati e realizzati dopo l’entrata in vigore della
legge 46/90 (13 marzo 1990)
- Se il datore di lavoro ha la dichiarazione di conformità, la invia
all’ISPESL e/o all’ASL/ARPA, per la denuncia dell’impianto , seguendo
quindi una procedura simile a quella prevista per i nuovi impianti. Ci si deve
aspettare una sanzione pecuniaria per inadempienza degli obblighi previsti dagli
art. 40, 328 e 336 del DPR 547/55 (omessa denuncia)
- Se il datore di lavoro non ha la dichiarazione di conformità,
occorre affidare ad un’impresa installatrice interventi di
ristrutturazione/adeguamento degli impianti, facendosi rilasciare poi una
dichiarazione di conformità da inviare all’ISPESL e/o all’ASL/ARPA, per
la denuncia dell’impianto. Ovviamente è possibile una sanzione pecuniaria per
doppia inadempienza.
- Se il datore di lavoro ha la dichiarazione di conformità, la invia
all’ISPESL e/o all’ASL/ARPA, per la denuncia dell’impianto , seguendo
quindi una procedura simile a quella prevista per i nuovi impianti. Ci si deve
aspettare una sanzione pecuniaria per inadempienza degli obblighi previsti dagli
art. 40, 328 e 336 del DPR 547/55 (omessa denuncia)
- Impianti mai denunciati e realizzati prima dell’entrata in vigore
della legge 46/90 (13 marzo 1990)
- Se l’impianto non è stato oggetto di ristrutturazioni, non è in possesso
della dichiarazione di conformità (ed è normale che sia così).
- Il datore di lavoro fa accertare da un professionista abilitato
iscritto all’Albo, la rispondenza dell’impianto ai requisiti essenziali di
sicurezza previsti.
- Se l’impianto è conforme alla regola d’arte, il datore di lavoro
invia, al posto della dichiarazione di conformità, una dichiarazione sostitutiva
di atto di notorietà (atto notorio) in analogia con quanto previsto
dall’art. 6 del DPR 392/94, insieme alla relazione di verifica tecnica degli
impianti, effettuata dal professionista. Inoltre è necessario predisporre la
documentazione aggiornata dell’impianto, che risulta indispensabile per
l’esecuzione delle verifiche periodiche e per l’esercizio dell’impianto.
- Se l’impianto non risulta conforme alla regola d’arte,il datore di
lavoro incarica un’impresa installatrice di eseguire lavori di
adeguamento/completamento/ristrutturazione dell’impianto. Dopo di che
invia la dichiarazione di conformità dell’intero impianto (non soltanto dei
lavori di ristrutturazione) all’ISPESL e/o all’ASL/ARPA
- Ci si deve aspettare una sanzione per omessa denuncia.
- Se l’impianto non è stato oggetto di ristrutturazioni, non è in possesso
della dichiarazione di conformità (ed è normale che sia così).
- Impianti realizzati dopo l’entrata in vigore della legge 46/90 (13
marzo 1990) e non soggetti all’obbligo di rilascio della dichiarazione di
conformità (es. impianti di protezione da scariche atmosferiche in
edifici non adibiti ad uso civile, impianti elettrici installati all’aperto,
impianti di illuminazione pubblica, etc.)
Ricordiamo infatti che alcune tipologie di impianto non ricadono nell’ambito di applicazione della legge 46/90, la quale prevede il rilascio della dichiarazione di conformità. Ad esempio la legge non prende in considerazione gli impianti elettrici installati completamente all’aperto; prende in considerazione gli impianti di protezione dalle scariche atmosferiche solo negli edifici adibiti ad uso civile e quindi non nei luoghi di lavoro. Un eventuale futuro Testo Unico sull’impiantistica potrebbe sanare la situazione prevedendo l’ applicazione della legge 46/90 agli impianti installati negli “edifici quali ne sia la destinazione d’uso”, risolvendo così il problema per gli impianti di protezione dalle scariche atmosferiche. In attesa che la situazione si sistemi, l’obbligo di rilascio della dichiarazione di conformità (previsto dal DPR 462/01) si può intendere soddisfatto con una dichiarazione di esecuzione alla regola dell’arte riferita alla legge 186/68. (Circolare ISPESL)
- Il datore di lavoro incarica un’impresa installatrice di eseguire un
controllo sull’impianto;
- L’impresa installatrice rilascia una dichiarazione di esecuzione alla regola
dell’arte ai sensi della legge 186/68, unitamente ad una dichiarazione di
verifica dell’impianto.
- Il datore di lavoro incarica un’impresa installatrice di eseguire un
controllo sull’impianto;
- Impianti già denunciati e privi della dichiarazione di conformità,
perché realizzati prima dell’entrata in vigore della legge 46/90 (13 marzo 1990)
In teoria si ricade nel caso a). In pratica sarebbe auspicabile che la procedura seguisse quella del caso d). Nel caso in cui l’impianto venisse ristrutturato, l’impresa installatrice al termine dei lavori rilascerebbe la dichiarazione di conformità e il datore di lavoro la invierebbe all’ISPESL e all’ASL/ARPA. La scadenza delle verifiche periodiche non viene però modificata dall’invio della dichiarazione di conformità, e rimane quindi quella già stabilita in precedenza, a partire dal momento in cui l’impianto è entrato in servizio.
- Impianti che passano, attraverso un’operazione di subentro, da un
datore di lavoro ad un altro
- Se il nuovo datore di lavoro non ha introdotto modifiche sostanziali
all’impianto, non cambia sostanzialmente nulla. L’unico obbligo del
nuovo datore di lavoro è quello di comunicare all’ISPESL e all’ASL/ARPA
la variazione di ragione sociale.
- Se il nuovo datore di lavoro introduce modifiche sostanziali
all’impianto (es. cambio alimentazione da BT a MT, cambio di
destinazione d’uso di un locale, etc.), oltre alla variazione di ragione
sociale deve comunicare all’ISPESL e all’ASL/ARPA la modifica
effettuata. In questo caso è necessario che il datore di lavoro si
attivi anche per richiedere la verifica straordinaria prevista dal DPR 462/01 in
caso di modifica sostanziale dell’impianto.
- Se il nuovo datore di lavoro sostituisce completamente l’impianto, si ricade
nel caso della denuncia di un nuovo impianto
- Se il vecchio datore di lavoro non aveva denunciato gli impianti, si ricade in uno dei casi esaminati precedentemente, con la differenza che ora il reato di omessa denuncia non può (o non dovrebbe) essere contestato al nuovo datore di lavoro.
- Se il nuovo datore di lavoro non ha introdotto modifiche sostanziali
all’impianto, non cambia sostanzialmente nulla. L’unico obbligo del
nuovo datore di lavoro è quello di comunicare all’ISPESL e all’ASL/ARPA
la variazione di ragione sociale.
Applicazione del DPR 462/01 alle attività
estrattive a cielo aperto (cave) o in sotterraneo (miniere)
In questo caso un aiuto all’interpretazione è giunto dalla Direzione Generale
per l’Energia e le Risorse Minerarie, che ha risposto ad un quesito posto
dall’Ufficio Prevenzione e Sicurezza della Regione Toscana, riguardo
all’applicabilità del DPR 462/01 a cave e miniere.
Con una risposta
datata 18 aprile 2002 si conferma sostanzialmente che l’articolo di
riferimento per le verifiche periodiche nel settore minerario è il 31 del Dlgs
624/96 “Attuazione della direttiva 92/91/CEE relativa alla sicurezza e
salute dei lavoratori nelle industrie estrattive per trivellazione e della
direttiva 92/104/CEE relativa alla sicurezza e salute dei lavoratori nelle
industrie estrattive a cielo aperto o sotterranee”. Al comma 1 dell’art 31
vengono indicate le modalità di denuncia “Il datore di lavoro, conformemente
alle modalità di cui al decreto del Ministro del lavoro in data 12 settembre
1959, ……. e successive modifiche ed integrazioni, deve denunciare all’autorità
di vigilanza competente, prima della loro messa in esercizio, le attrezzature e
gli impianti per i quali sono previste verifiche periodiche nei citati decreti
n. 547 del 1955, n. 128 del 1959 e n. 886 del 1979”, mentre al comma 4
dello stesso art. 31 si indicano i tipi di verifica da effettuare e la loro
periodicità “Le verifiche periodiche degli impianti di messa a
terra, delle installazioni e dei dispositivi di protezione contro le scariche
atmosferiche omologati ai sensi dell’articolo 1 del decreto
interministeriale 15 ottobre 1993, n. 519, ……… sono condotte
dall’autorità di vigilanza competente ad intervalli non superiori a 2
anni”.
L’autorità di vigilanza competente citata al comma 4, viene esplicitata all’art. 3 del Dlgs 624/96: si tratta della Direzione generale delle miniere e dei suoi uffici periferici per quanto riguarda le attività minerarie relative a sostanze minerali di prima categoria (estratti dalle miniere come grafite, combustibili solidi, liquidi e gassosi, rocce asfaltiche e bituminose, pietre preziose, acque minerali e termali, etc. ), e delle Regioni per quanto riguarda le attività estrattive relative a sostanze minerali di seconda categoria (estratti dalle cave come materiali per costruzioni edilizie, stradali e idrauliche, quarzo, sabbie silicee, etc. ). Per un elenco completo delle sostanze occorre consultare il RD 1443 del 29 luglio 1927.
Al comma 5 dell’art. 31 viene consentito che “l’autorità di vigilanza possa avvalersi, d’intesa con il datore di lavoro, di Enti e laboratori conformi alle norme tecniche armonizzate, previamente individuate dall’autorità stessa; le spese relative sono a carico del datore di lavoro.
L’art. 31 fa riferimento al DM 12/09/59 - gli art. 2,3,4 e i modelli A,B,C del DM sono stati abrogati - quindi le denunce non possono che effettuarsi attraverso il DPR 462/01 che ha sostituito, in un certo qual modo, il DM 12/09/59.
In conclusione si può affermare che anche le verifiche in cave e miniere vanno effettuate seguendo le procedure previste dal DPR 462/01.
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