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Impianto antintrusione: tra tecnica e normativa

Pubblicato: 4 aprile 2017 Categoria: Notizie tecnico normative

Un impianto antintrusione può essere inteso come l’insieme di barriere concentriche atte a difendere un bene; maggiore sarà il numero di barriere maggiore sarà la prestazione..

Impianto antintrusione: tra tecnica e normativa

I dati statistici relativi a furti in villa evidenziano che negli ultimi anni i casi di irruzione dei ladri mentre i proprietari si trovano in casa superano, come numero, i casi in cui l’irruzione avviene a casa deserta. Questo aspetto ha portato a rivedere le logiche con cui si ricerca la protezione dai furti, sviluppando soluzioni che consentano l’inserimento dell’impianto antintrusione anche con i proprietari all’interno, in modo da poter essere allertati in caso di effrazione.

Impianto Antintrusione: Concetto di protezione

Un sistema di protezione può essere inteso come l’insieme di barriere concentriche atte a difendere un bene; maggiore sarà il numero di barriere maggiore sarà la "prestazione" del sistema di difesa. Estendendo questo concetto alla protezione degli edifici, si può affermare che la prima "barriera" è costituita dalle pareti degli edifici stessi. Questa “barriera” presenta dei punti deboli come porte e finestre che possono consentire ai malintenzionati di eluderla. Diventa così importante cercare di diminuire il livello di vulnerabilità di questi punti deboli con idonee misure aggiuntive (porte blindate e inferriate oppure idonei sistemi che rilevino l'effrazione di un accesso). La seconda barriera ovviamente non può più essere costituita da un'ulteriore protezione fisica, ma è piuttosto necessario inviare un allarme quando si rilevi che la prima barriera è stata elusa e un intruso si sta aggirando all’interno dell’abitazione. La terza barriera (che esula dal presente articolo per ovvi motivi) può essere costituita infine da una cassaforte. Il numero di barriere può ovviamente aumentare, ma resta evidente che all'aumentare della protezione raggiunta ne aumentano anche i costi (si potrebbe addirittura arrivare al paradosso in cui il costo della protezione supera quello del bene da proteggere).

 

Componenti costituenti un impianto antintrusione

I principali componenti costituenti un impianto antintrusione possono essere così riassunti:

  • centrale
  • avvisatori
  • inseritori
  • rilevatori di apertura
  • rilevatori volumetrici
  • rilevatori lineari

 

Centrale

La centrale è il cuore del sistema. Su di essa convergono, perché possano essere interpretati, tutti i segnali provenienti dagli altri componenti dell'impianto.

Questo componente controlla l’intero impianto antintrusione. Le centrali sono in grado di controllare una o più linee di sensori, di raggruppare i rilevatori in aree (oppure zone) che consentono una migliore gestione dell’impianto e di attivare i dispositivi di allarme in caso sia rilevata un’intrusione dai sensori.

Un ulteriore compito affidato alla centrale è la funzione di autoprotezione: viene continuamente verificato lo stato dell’impianto attraverso un apposito circuito chiamato “tamper” che permette di riconoscere un’eventuale manomissione del sistema antintrusione.

Le centrali antintrusione si distinguono principalmente in base a:

  • numero massimo di circuiti di ingresso (o semplicemente di ingressi) gestibili. Esistono centrali in grado di controllare 32 ingressi oppure 64 o in numero ancora maggiore. In generale maggiore è il numero di ingressi controllabili, maggiore è il costo della centrale. Tuttavia il numero di ingressi di allarme presenti sulla scheda elettronica della centrale è nella maggior parte dei casi ridotto ad otto e pertanto il costruttore fornisce delle apposite schede di espansione in grado di aumentare il numero di ingressi gestibili. Dette schede di espansione possono essere installate direttamente sulla scheda della centrale oppure in remoto. In quest’ultimo caso la comunicazione tra centrale e scheda di espansione avviene mediante un apposito bus;
  • numero di dispositivi di allarme: il numero di uscite che la centrale è in grado di comandare;
  • capacità di parzializzazione dell’impianto: quante aree è in grado di controllare la centrale. Esistono centrali in grado di gestire una singola zona, altre quattro e così via. Tanto maggiori sono le zone tanto più è personalizzabile la gestione dell’impianto antintrusione.

 

impianto antintrusione

                                                                   centrale antiintrusione

 

Avvisatori

Gli avvisatori sono dei componenti attivati dalla centrale che segnalano lo stato anomalo dell’impianto (intrusione oppure apertura del circuito di autoprotezione). In generale detti dispositivi sono avvisatori acustici (gergalmente sirene), avvisatori ottici (per individuare dall’esterno l’edificio che ha subito l’intrusione) e sistemi di teletrasmissione (combinatori telefonici ed altri dispositivi in grado di inviare in remoto una segnalazione di allarme). In generale il segnalatore ottico ed il segnalatore acustico sono inglobati in uno stesso componente posto all’esterno dell’edificio (detto sirena esterna). Detto dispositivo deve essere dotato di un dispositivo anti-manomissione in modo da prevenire il sabotaggio o lo scasso dell’avvisatore stesso e di una batteria tampone in grado di mantenere alimentato il segnalatore anche in caso di mancanza rete o taglio dei cavi di collegamento con la centrale. Inoltre, all’interno dell’edificio, sono spesso presenti uno o più avvisatori acustici di potenza ridotta (sirene interne) che hanno lo scopo di disorientare l’intruso nel breve lasso di tempo necessario a remotizzare l’allarme. Le sirene interne di solito non sono dotate né di autoprotezione né di batteria tampone. I dispositivi di teletrasmissione, invece, sono in generale dei combinatori telefonici in grado di effettuare telefonate oppure inviare brevi messaggi di testo (SMS) attraverso la linea telefonica PSTN (linea fissa) oppure GSM (cellulare). Negli impianti più spartani queste apparecchiature sono in grado di inviare un unico messaggio audio ad una serie di numeri telefonici memorizzati. In impianti più avanzati è possibile una maggiore personalizzazione dei messaggi audio e l’invio di messaggi di testo in modo da riconoscere esattamente il sensore che ha rilevato l’intrusione. Infine, in impianti ad alto rischio di intrusione, si possono adottare dei combinatori che sono in grado di inviare sequenze di codice di allarme (tra cui molto usata è la sequenza ContactID attraverso la linea DMTF) verso un istituto di vigilanza che potrà intervenire tempestivamente. Il protocollo Contact ID permette la trasmissione di una serie di allarmi codificati in questo modo:

  • identificativo dell’apparato;
  • tipologia di messaggio;
  • allarme in entrata oppure in uscita;
  • codice di allarme;
  • gruppo;
  • zona.

 

impianto antintrusione

                                                                            sirena interna

 

impianto antintrusione

sirena esterna

 

impianto antintrusione

combinatore telefonico

 

Inseritori

Gli inseritori servono a inserire e disinserire l'impianto antintrusione (totalmente o parzialmente) permettendo all'utente di accedere ai propri beni senza generare allarmi . Le principali tipologie di inseritore sono:

  • le tastiere: permettono di attivare, disattivare o parzializzare l’impianto antintrusione attraverso la pressione sequenziale di opportuni tasti (codice). Nel caso di impianti antintrusione avanzati attraverso le tastiere sono possibili ulteriori funzioni come ad esempio cambio dei codici per l’inserimento/disinserimento dell’impianto, abilitazione/disabilitazione di un ingresso di allarme, verifica dello stato delle batterie tampone, ecc.;
  • gli inseritori a chiave: permettono l’attivazione/disattivazione dell’impianto antintrusione per mezzo di una chiave elettronica in cui è salvato un codice binario;
  • gli inseritori TAG: permettono di attivare, disattivare o parzializzare l’impianto antintrusione con il passaggio di un TAG. I TAG sono dispositivi (ad esempio schede oppure portachiavi) in grado di generare un codice elettromagnetico ad alta frequenza che letto e riconosciuto da un inseritore può consentire l’attivazione o la disattivazione di un impianto antintrusione

impianto antintrusione

                                                                        inseritore a chiave

 

impianto antintrusione

                                                                               tastiera

 

impianto antintrusione

                                                                 inseritore a TAG di prossimità

 

impianto antintrusione

TAG di prossimità

 

Tutte le tipologie di inseritore comunicano con la centrale attraverso un apposito bus (di solito composto da quattro fili di cui due servono per l’alimentazione, uno per la trasmissione dei dati e l’ultimo per la ricezione dei dati; esistono tuttavia bus in cui per trasmissione e ricezione viene usato un solo filo e sono detti half-duplex). L’utilizzo del bus offre una maggiore sicurezza rispetto ad un semplice contatto, in quanto per disattivare l’antifurto è necessario conoscere il telegramma da inviare sul bus (cioè codice per disinserire l’antifurto e protocollo di comunicazione), anziché semplicemente cortocircuitare un contatto.

 

Rilevatori di apertura

I rilevatori di apertura rilevano l'apertura di un accesso e sono generalmente costituiti da un contatto magnetico e dal relativo riscontro che indica lo stato dell'accesso stesso. Esistono poi particolari altri rilevatori di apertura quali funi per la protezione delle tapparelle (il taglio della fune inoltra il segnale di allarme) oppure leverismi per la sorveglianza di saracinesche. In linea di massima di tratta sempre di dispositivi che controllano la chiusura o apertura di un accesso (attenzione: si parla sempre di apertura, non di effrazione quale, ad esempio, lo sfondamento di un vetro in quanto la norma tratta questo aspetto separatamente) costituendo di fatto la prima"cerchia"di protezione detta anche perimetrale.

 

I rilevatori magnetici sono formati da due parti. La prima è un’ampolla di vetro (detta reed) nella quale trovano posto delle lamine di contatto realizzate con materiale ferromagnetico; la seconda è un magnete permanente. Il campo prodotto dal magnete è tale da mantenere attratte le lamine del reed realizzando un collegamento a resistenza praticamente nulla. Allontanando il magnete si riduce il campo magnetico consentendo alle due lamine di staccarsi realizzando un contatto a resistenza infinita. Nella maggior parte dei casi i magneti sono installati in contenitori di plastica o metallo di forma cilindrica (se il contatto è da incasso) oppure rettangolare (se è da esterno). Il reed invece è immerso in una resina per evitare l’ossidazione dei contatti dovuta all’esposizione con agenti esterni. I rilevatori magnetici si prestano (anche grazie alla loro economicità) all’installazione a presidio di porte e finestre. Oltre al contatto di intrusione i rilevatori magnetici possono essere dotati di un circuito di autoprotezione.

 

impianto antintrusione

contatto magnetico esterno

 

impianto antintrusione

contatto magnetico da incasso

 

I rilevatori di effrazione evidenziano la rottura di una superficie (effrazione) mediante il rilevamento di vibrazione. Fanno parte anch'essi delle protezioni perimetrali.

 

impianto antintrusione

sensore microfonico rottura vetri

 

impianto antintrusione

sensore vibrazione rottura vetri

 

I rivelatori a filo sono invece destinati alla protezione delle tapparelle, riconoscendone il movimento in salita oppure in discesa a partire da una posizione iniziale. Detti sensori sono dotati di un rocchetto la cui estremità viene collegata alla base delle tapparelle. La rotazione del rocchetto provoca l’apertura ciclica di un contatto. Anche di questi ho uno schizzo che può aiutarti a capire meglio”.

 

impianto antintrusione

 

Rivelatori volumetrici

I rilevatori volumetrici servono a proteggere i "volumi" dell'abitazione, cioè i locali, rilevando la presenza di persone al loro interno. Le tipologie di rilevatori volumetrici possono essere così riassunte:

  • a infrarossi (IR): rilevano il calore prodotto dal corpo umano
  • a microonde : rilevano la vibrazione prodotta da un corpo in movimento
  • a doppia tecnologia: sfruttano entrambe le modalità di rilevamento indicate al punto precedente

Questi rilevatori costituiscono la seconda "cerchia" di protezione. Esistono poi altri rilevatori di più complessa tecnologia (ad esempio tappeti sensibili) che tuttavia sono scarsamente utilizzati per il loro costo elevato.

 

I rivelatori ad infrarossi (IR) riconoscono il cambiamento di energia termica all’interno di un locale. Detti rivelatori fanno uso di una lente che riflette l’energia termica incidente entro un sensore piroelettrico. In questo modo il sensore è in grado di percepire anche piccole variazioni di energia termica. Il campo di protezione del sensore ad infrarossi è definito dalla lente utilizzata ed in particolare dal numero di sezioni di cui è composta e dal loro orientamento. In generale questi sensori vengono installati ad un altezza di circa 2m e si può modificare il campo di protezione regolando l’inclinazione del sensore. Poiché sono sensibili alle fonti di calore, risulta critica la loro installazione in prossimità di radiatori, stufe, ventilconvettori, tubazioni di acqua calda oppure il puntamento verso superfici trasparenti ad elevata trasmittanza ed illuminate direttamente dal sole (ad esempio finestre, portoni in alluminio, ecc.).

 

I rilevatori volumetrici a microonda (MW) riconoscono anch’essi il movimento di oggetti all’interno di un volume, ma sono dotati di un trasmettitore e di un ricevitore di microonde ad una frequenza di circa 10 GHz. Il loro funzionamento è basato sull’effetto doppler (un’onda subisce un cambiamento di frequenza se viene riflessa da un corpo in movimento). Il sensore è dotato di una cavità trasmittente, la cui potenza in uscita determina la portata e quindi la profondità massima del volume da proteggere, e di una cavità ricevente in cui sono messe a confronto la frequenza di trasmissione e quella di ricezione (a frequenze uguali corrisponde l’assenza di moto, a frequenze diverse corrisponde un movimento). Per poter regolare la sensibilità del sensore si possono usare due metodi:

  • regolazione della potenza del segnale;
  • regolazione del tempo di integrazione.

La prima regolazione consente di adattare il sensore alle dimensioni del volume da proteggere; la seconda determina il numero di segnali di intrusione che devono presentarsi in un determinato periodo di tempo per generare l’allarme.

Questi sensori devono essere installati su pareti solide ed esenti da vibrazioni in modo da evitare falsi allarmi. In generale il rilevatore è installato ad un’altezza che può variare tra 2 e 3 metri in funzione della massima profondità del volume da proteggere. Poiché il sensore a microonde è un rilevatore attivo, possono essere generate interferenze tra sensori presenti all’interno dello stesso volume; per evitare detto disturbo è sufficiente utilizzare sensori aventi diversa frequenza delle microonde. Un’ulteriore considerazione riguarda il fatto che le microonde sono in grado di attraversare superfici come vetro, legno e pareti metalliche (o in calcestruzzo) di modesto spessore. Pertanto è molto importante un’accurata taratura della potenza della microonda in modo da evitare falsi allarmi.

 

I rivelatori a doppia tecnologia (IR + MW) sono realizzati associando, mediante logica AND (in alcuni casi è possibile, seppur sconsigliato, l’utilizzo della logica OR), un dispositivo ad infrarossi ed uno a microonde. La rivelazione, da parte di entrambi i sensori, del transito di una persona nel volume protetto genera un segnale di allarme. Poiché i sensori a microonde e volumetrici hanno diverso principio di funzionamento e diverse sensibilità (cioè possono fornire falsi allarmi in condizioni differenti) il rivelatore a doppia tecnologia ha alto grado di immunità ai disturbi in quanto le carenze dell’uno sono colmate dall’altro e viceversa.

 

impianto antintrusione

sensore doppia tecnologia

 

Rilevatori lineari

I rivelatori lineari vengono utilizzati solitamente all’esterno e, contrariamente a quelli perimetrali, sono rilevatori di tipo attivo costituiti da un emettitore di segnale e da un ricevitore. Quelli più comuni sono le barriere di infrarosso il cui emettitore, tramite un diodo LED all’arseniuro di gallio, genera un fascio di raggi modulati ad impulsi. Il ricevitore riconosce il fascio e lo converte in segnale elettrico. L’interruzione del fascio determina un allarme (apertura di un contatto). Sia il ricevitore che l’emettitore sono dotati di uno specchio disposto a 45° e di una lente. La presenza di detto sistema ottico richiede un accurato allineamento tra emettitore e ricevitore per permettere la trasmissione di un fascio della minor sezione possibile. Infatti, un fascio di sezione ridotta è in grado di riconoscere con maggior precisione la presenza di un intruso. Vengono utilizzate per proteggere i varchi di accesso (specialmente le finestre) oppure montate direttamente negli spazi circostanti la casa come piazzali e giardini.

 

impianto antintrusione

barriere a infrarossi a protezione finestre

 

impianto antintrusione

barriere a infrarossi a protezione spazi esterni

 

Per quelli in posa esterna, solitamente è possibile programmare quanti fasci devono essere interrotti contemporaneamente per generare un allarme. In questo modo si dovrebbe evitare che il passaggio di qualche animale provochi l’intervento dell’antifurto, garantendo comunque la protezione da accessi di persone non autorizzate.

 

DEFINIZIONE DELLA PRESTAZIONE DI UN IMPIANTO ANTINTRUSIONE

La classificazione della prestazione degli impianti di allarme intrusione e rapina è basata su 4 livelli di rischio, che seguono gli stessi principi dei gradi di sicurezza definiti nella cogente normativa (CEI EN 50131-1):

  • Livello 1 (rischio basso): si ipotizza che gli intrusi o i rapinatori abbiano una conoscenza bassa degli impianti antintrusione e dispongano di una limitata gamma di attrezzi facilmente reperibili;
  • Livello 2 (rischio medio): si ipotizza che gli intrusi o i rapinatori abbiano una conoscenza limitata degli impianti antintrusione e utilizzino una gamma generica di utensili e strumenti portatili;
  • Livello 3 (rischio medio alto): si ipotizza che gli intrusi o i rapinatori siano pratici degli impianti antintrusione e dispongano di una gamma completa di strumenti e di apparati elettronici portatili;
  • Livello 4 (rischio alto): si ipotizza che gli intrusi o i rapinatori abbiano le capacità o le risorse per pianificare in dettaglio un’intrusione o una rapina e che dispongano di una gamma completa di attrezzature, compresi i mezzi di sostituzione dei componenti di un impianto antintrusione.

 

La norma CEI 79-3 identifica inoltre diversi gradi di sicurezza dei componenti: il grado di prestazione di un impianto sarà direttamente correlato al grado di sicurezza del componente meno performante. Le apparecchiature facenti parte un impianto di allarme intrusione devono pertanto presentare un grado di sicurezza uguale o superiore al livello di prestazione dell’impianto (grado di sicurezza 1 = Livello di prestazione 1).

Nota: poiché attualmente la maggior parte dei costruttori di impianti antintrusione realizza al più componenti con grado di sicurezza 2, la realizzazione di un impianto di livello prestazionale 3 o 4 per ambienti comuni risulta difficoltosa.

Per la determinazione del livello prestazionale dell’impianto, la norma CEI 79-3 individua due metodologie, la prima di tipo tabellare e la seconda di tipo matematico. Il metodo tabellare è concettualmente più semplice da comprendere, ma può risultare eccessivamente rigido in impianti complessi o di grandi dimensioni; il metodo matematico permette, grazie all’applicazione di formule matematiche che tengono in considerazione il grado di sicurezza dei componenti, il loro fattore di merito e coefficiente d’impenetrabilità, di compensare eventuali lacune di una protezione con l’efficienza di un’altra. Il metodo matematico è tuttavia molto complesso e di difficile comprensione, anche per via delle formule che richiamano logaritmi ed esponenziali. Nel seguito prenderemo in analisi il solo metodo tabellare per una unità abitativa non isolata con accessi praticabili posti ad un’altezza superiore a 4 m dal suolo.

 

Esempio di unità abitativa non isolata con accessi praticabili posti ad un’altezza superiore a 4 m dal suolo

La protezione antintrusione di un appartamento che si trovi, generalmente, a piani superiori al primo ed inferiori all’ultimo (che presenti cioè accessi praticabili solo con l’ausilio di particolari mezzi di scalata) può essere progettata sulla base della tabella 1 sottostante, a seconda del livello prestazionale che si desidera raggiungere. Più colonne nello stesso livello di prestazione, rappresentano soluzioni fra loro alternative.

 

impianto antintrusione

Protezioni appartamento non isolato e con accessi non praticabili

 

Volendo realizzare un classico livello di prestazione 2, si dovrà pertanto:

Soluzione 1

-          prevedere componenti che presentino grado di sicurezza maggiore o uguale a 2

-          proteggere contro l’apertura e l’effrazione le porte perimetrali

-          proteggere con rivelatori volumetrici i corridoi ed i locali che contengono i beni principali

 

Soluzione 2 (alternativa alla soluzione 1)

-          prevedere componenti che presentino grado di sicurezza maggiore o uguale a 2

-          proteggere contro l’apertura le porte perimetrali

-          proteggere con rivelatori volumetrici tutti gli ambienti

 

Per quanto riguarda gli avvisatori, valgono le seguenti indicazioni:

-          livello 1: una sirena autoalimentata (batterie a bordo) o un combinatore telefonico;

-          livello 2: una sirena autoalimentata (batterie a bordo) e un combinatore telefonico oppure due combinatori        telefonici;

-          livello 3: una sirena autoalimentata (batterie a bordo) e un combinatore telefonico oppure due combinatori telefonici;

-          livello 4: una sirena autoalimentata (batterie a bordo) e un combinatore telefonico oppure due combinatori telefonici.

Nota: in realtà l’analisi sui combinatori telefonici è più complesso e dipende da criteri di prestazione specificati nelle norme di prodotto. Per semplicità, è stata fornita un’indicazione riassuntiva.

 

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