Il funzionamento di un contattore è solo apparentemente semplice.
Tutto dipende dal circuito elettromagnetico di comando e cioè dal sistema nucleo magnetico- bobina.
Alimentando la bobina con una tensione esterna si genera una forza (definita magnetomotrice) ottenuta moltiplicando il numero di spire della bobina N per l’intensità della corrente assorbita I.
Questa forza attrae la parte mobile del nucleo verso quella fissa, permettendo quindi la chiusura del contattore.
Infatti insieme alla parte mobile del nucleo viene trascinato anche il castelletto porta contatti, meccanicamente solidale al nucleo, consentendo quindi la chiusura dei relativi contatti.
Più esattamente il principio di funzionamento di un contattore è esposto nel seguito in modo più completo.
Col contattore a riposo la riluttanza magnetica totale R (parametro che esprime la resistenza del circuito magnetico), assume valori estremamente alti poiché alla riluttanza del materiale magnetico si somma anche quella dell’aria esistente tra le due espansioni polari (parte fissa e parte mobile del nucleo magnetico della bobina, il cosiddetto traferro).
Per questa ragione viene assorbita dalla rete una corrente molto alta (corrente di spunto) in modo da controbilanciare, con un valore di amperspire NI, il maggior valore di forza magnetomotrice Rφ (dove φ rappresenta il flusso magnetico).
Infatti, dalla teoria dei circuiti magnetici si sa che deve essere rispettata la relazione: NI = Rφ.
Una volta chiuso, essendo diminuito il valore complessivo di riluttanza, non è più necessaria una corrente assorbita di elevata intensità.
Nei sistemi in ca il riadattamento dei valori delle correnti assorbite avviene automaticamente in quanto la riduzione della riluttanza aumenta automaticamente la reattanza induttiva del circuito elettrico della bobina (vi è, infatti, un rapporto inverso di proporzionalità tra questi due parametri).
In corrente continua il discorso è diverso poiché essendo la corrente assorbita dipendente solo dalla resistenza elettrica e non variando questa al variare della riluttanza, si avrebbe il problema di continuare ad assorbire una corrente alta anche in ritenuta (cioè a contattore chiuso).
Per ovviare a questo problema ci sono diverse soluzioni.
La prima consiste nel sistema magnetico cosiddetto a nucleo massiccio, dove si è cercato di ridurre al minimo il traferro del circuito magnetico in modo da limitare l’assorbimento allo spunto che rimane inalterato in ritenuta.
In questo modo si ha però un assorbimento in ritenuta piuttosto elevato (decisamente più elevato di quello di un equivalente contattore con comando in ca), ed è per questa ragione che i contattori previsti con questo sistema magnetico di comando presentano delle dimensioni superiori rispetto all’equivalente in alternata: dimensioni del nucleo più grandi, necessarie per la dissipazione del maggior calore prodotto.
Questa esecuzione costruttiva viene normalmente adottata soprattutto nei contattori di piccola potenza (fino a 18,5-22 kW), dove gli assorbimenti e le dimensioni restano comunque accettabili.
Nei contattori più grandi sono molto più ricorrenti altre soluzioni costruttive.
In passato un sistema frequentemente utilizzato era quello che prevedeva l’inserzione di una resistenza di risparmio dopo lo spunto, atta a ridurre la corrente in ritenuta.
Questa soluzione presenta però l’indubbio svantaggio di introdurre un elemento (la resistenza) che genera alte perdite di calore per effetto Joule.
Per questa ragione, questa tecnica è ormai stata del tutto sostituita con quella ad “avvolgimento di risparmio”.
In questo tipo di versione costruttiva la limitazione della corrente in ritenuta avviene tramite un contatto ausiliario normalmente chiuso ritardato che esclude, subito dopo lo spunto del contattore e quindi a chiusura avvenuta, uno dei due avvolgimenti della bobina del contattore e precisamente quello a bassa resistenza, lasciando inserito solo quello ad alta resistenza.
Con questo sistema si modifica la resistenza elettrica complessiva della bobina, che passa da valori iniziali molto bassi (che è quanto necessario per assorbire un’elevata corrente allo scopo di vincere la riluttanza del circuito in aria) a valori molto alti in grado, quindi di limitare drasticamente la corrente in ritenuta.
Nei sistemi con resistenza o avvolgimento di risparmio può essere utilizzato lo stesso nucleo magnetico utilizzato nel contattore con comando in corrente alternata e di conseguenza anche le dimensioni dei contattori, nelle due differenti esecuzioni, restano invariate.
Ricapitolando, i relè e i contattori elettromeccanici sono dotati di un sistema elettromagnetico di comando la cui presenza determina una potenza di spunto decisamente elevata (di durata però limitata a pochi millisecondi) e una potenza di ritenuta molto più contenuta.
Solo l’esecuzione in corrente continua a nucleo massiccio costituisce, come visto, un’eccezione.
Un corretto dimensionamento del circuito di comando di un contattore o di un relè elettromeccanico, deve partire da queste premesse, in pratica tenere in considerazione il suo comportamento elettrico.