
Negli ambienti abitati sono da tener presenti tutta una serie di inquinanti provenienti da mobili, vestiario, fumi di cottura dei cibi, fumo di tabacco, ecc. che causano cattivi odori e determinano cause di malessere alle persone (fig. 2.7).
Studi condotti negli Stati Uniti hanno messo in evidenza come le principali cause di malessere fossero costituite per un 50% da insufficiente ventilazione con aria fresca e per il 28% da presenza di quantità non tollerabili di inquinanti nell’ambiente abitato (fig. 2.8).
Negli ambienti residenziali nel periodo invernale la legge n° 373 permette un numero di ricambi d’aria non superiori a 0,5 volumi-ambiente/ora con un’eccezione, purché di breve durata, fino a 4-5 volumi ambiente/ora per bagni, cucine e WC privi di aperture.
Nei locali pubblici invece la norma UNI 10339 richiede un ricambio di aria esterna che è funzione della destinazione d’uso, del numero di persone presenti o della superficie in pianta o del volume del locale.
Nel computo del carico termico occorre quindi considerare anche il calore perso con l’immissione di aria esterna necessaria per il ricambio (ad esempio l’immissione di un m3 di aria esterna a 35 °C con il 60% di umidità relativa richiede circa 10 W per mantenere le condizioni ambientali interne a 27 °C con un’umidità relativa del 50%).
In definitiva per calcolare il carico termico totale di un locale basta sommare i contributi dovuti al carico termico della struttura edilizia, al carico termico interno, e al carico termico per l’aria di ricambio. Il compito del climatizzatore è quello di mantenere una condizione di equilibrio termico e deve pertanto essere dimensionato in modo che la sua potenza sia almeno uguale o superiore alla somma dei carichi termici così calcolati (fig. 2.9).
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