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Verifiche degli impianti di terra: omessa richiesta di verifica e affidamento delle verifiche ad un soggetto non abilitato

Pubblicato: 6 febbraio 2012 Categoria: Ultime notizie

Il titolare di un centro estetico, tenuto all'osservanza degli obblighi imposti al datore di lavoro in materia d'impianti elettrici di messa in terra, ha omesso di richiedere la verifica periodica quinquennale dell'impianto e non ha ottemperato alla prescrizione di richiedere la verifica all'ARPA entro cinque giorni dalla notifica

Impianti di terra, omessa richiesta di verifica e verifiche inidonee

(Sentenza Cassazione penale 06/12/2011, n. 45329)

Il titolare del centro estetico, tenuto all'osservanza degli obblighi imposti al datore di lavoro in materia d'impianti elettrici di messa in terra, ha omesso di richiedere la verifica periodica quinquennale dell'impianto e non ha ottemperato alla prescrizione di richiedere la verifica all'ARPA entro cinque giorni dalla notifica; donde la sicura configurabilità del reato dovendo categoricamente escludersi la dedotta buona fede e la rilevanza della verifica dalla predetta affidata a un soggetto non abilitato.
A) Prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 81/2008, la Corte Suprema si occupò ripetutamente dell’ipotesi in cui un datore di lavoro avesse omesso di provvedere preventivamente e periodicamente alla verifica e al controllo dello stato di manutenzione ed efficienza dei dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche e degli impianti di terra.

In particolare, Cass. 12 giugno 2007, Finestra (in ISL, 2007, 10, 593) affermò che “il precetto degli abrogati artt. 40 e 328 D.P.R. n. 547/1955 ha trovato continuità normativa nelle nuove disposizioni del D.P.R. n. 462/2001 (‘regolamento di semplificazione del procedimento per la denuncia di installazioni e dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche, di dispositivi di messa a terra di impianti elettrici e di impianti elettrici pericolosi’)”.
Ammise che “la lettera a) del comma 1 dell'art. 9 del D.P.R. in questione recita testualmente che sono abrogati gli artt. 40 e 328 D.P.R. n. 547/1955”, ma rilevò che “il fatto oggetto delle norme abrogate trova continuità normativa nelle disposizioni del D.P.R. n. 462/2001 e, precisamente, nell'art. 2 (Messa in esercizio e omologazione dell'impianti)”.

Ricavò “la riprova della salvezza delle disposizioni penali dall'art. 9 D.P.R. n. 462/2001 il quale, dopo aver ribadito al comma 1 le già disposte abrogazioni, al comma 2, dispone testualmente che 'i riferimenti alle disposizioni abrogate contenute in altri testi normativi si intendono riferiti alle disposizioni del presente regolamento’: ciò, per quanto riguarda il caso in esame, significa che la sanzione penale relativa agli abrogati artt. 40 e 328, contenuta nell'art. 389, comma 1, lettera c), D.P.R. n. 547/1955, è ora relativa alle nuove disposizioni”. (Conformi Cass. 10 settembre 2003, Lin Jin Rong, ibid., 2003, 11, 654; Cass. 28 gennaio 2004, Valdo, ibid., 2004, 3, 190; Cass. 18 luglio 2005, Silenzi, ibid., 2005, 9, 528; contra, isolatamente, Cass. 1° aprile 2004, Buonocore, ibid., 2005, 5, 287, per cui “le prescrizioni contenute negli artt. 328 e 40 del D.P.R. n. 547/1955, relative all'impianto e manutenzione degli apparati elettrici, la cui inosservanza era sanzionata dal successivo art. 389, sono state abrogate dall'art. 9, comma 1, lettera a), D.P.R. 22 ottobre 2001 n. 462 recante ‘Regolamento di semplificazione del procedimento per la denuncia di installazioni e dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche, di dispositivi di messa a terra di impianti elettrici e di impianti elettrici pericolosi’”).

Successivamente, l’art. 86 D.Lgs. n. 81/2008 -recante la rubrica “verifiche” e inserito nel titolo III, capo III, dedicato a “impianti e apparecchiature elettriche”- al comma 1, stabilisce che, “ferme restando le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 22 ottobre 2001, n. 462, il datore di lavoro provvede affinché gli impianti elettrici e gli impianti di protezione dai fulmini, siano periodicamente sottoposti a controllo secondo le indicazioni delle norme di buona tecnica e la normativa vigente per verificarne lo stato di conservazione e di efficienza ai fini della sicurezza”, e, al comma 3, che “l'esito dei controlli di cui al comma 1 deve essere verbalizzato e tenuto a disposizione dell'autorità di vigilanza”.
Dal suo canto, l’art. 87, comma 3, lettera d), D.Lgs. n. 81/2008 punisce la violazione dell’art. 86, comma 3, con la sanzione amministrativa pecuniaria.

In questo rinnovato quadro normativo, per prima, Cass. 15 giugno 2009, Aprato, ibid., 2009, 9, 514, esaminò il caso del direttore di un museo ritenuto responsabile della violazione degli artt. 374 e 389, lettera b), D.P.R. n. 547/1955, “per non avere dimostrato formalmente, a seguito di sopralluogo effettuato da ispettori dell'ASL, di avere mantenuto e/o verificato gli impianti elettrici di messa a terra e scariche atmosferiche”.
Nell’annullare la sentenza di condanna perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, osservò che “il D.P.R. n. 462/2001 contiene disposizioni di natura sicuramente regolamentare -come recita lo stesso titolo (“Regolamento di semplificazione del procedimento per la denuncia di installazione e dispositivi di protezione, contro le scariche atmosferiche, di dispositivi di messa a terra di impianti elettrici e di impianti elettrici pericolose”), e che “tale D.P.R. n. 462/2001 non contiene, al proprio interno, alcuna previsione sanzionatoria penale (né potrebbe se non pena la violazione del principio di riserva che vuole la legge quale fonte primaria del diritto penale)”.
Ne ricavò che “la sentenza impugnata ha ravvisato la violazione di un precetto contenuto in una norma regolamentare che, oltre a non essere sanzionata penalmente, non costituisce neanche una specificazione della norma primaria indicata nel capo di imputazione (art. 374 D.P.R. n. 547/1955), la quale non prevede alcuna integrazione attraverso norme secondarie”.
E aggiunse che “l'art. 304 D.Lgs. n. 81/2008 ha abrogato il D.P.R. n. 547/1955 indicato nel capo di imputazione”.

Solo che poi Cass. 7 ottobre 2010, De Francesco, ibid., 2010, 11, 605, tornò sul tema in un’ipotesi in cui l’amministratrice unica di una s.r.l. -condannata per il reato previsto dal combinato disposto dell'art. 2 D.P.R. n. 462/2001 e art. 328 D.P.R. n. 547/1955, sanzionato dall'art. 389, lettera c), del medesimo D.P.R., per aver omesso “la verifica degli impianti di messa a terra prescritta per legge allo scopo di accertarne lo stato di efficienza”- sostenne che “la condotta prevista dall'art. 2 D.P.R. n. 462/2001, già contemplata dagli artt. 40 e 328 D.P.R. n. 547/1955, è stata espressamente abrogata dall'art. 9, comma 1, lettera a, D.P.R. n. 462/2001, per cui, all'epoca dei fatti, la condotta contestata non era prevista dalla legge come reato”.
La Sez. III replicò che “sussiste continuità normativa tra gli artt. 328 e 389, comma 1, lettera c), D.P.R. n. 547/1955 che punivano l'omessa denuncia dell'impianto di messa a terra ai fini dell'omologazione e il D.P.R. n. 462/2001 che, pur avendo previsto all'art. 9, comma 1, l'abrogazione dell'art. 328 citato, ha mantenuto la sanzione penale in relazione alle nuove fattispecie grazie al richiamo contenuto nel comma 2 dello stesso art. 9”.
Precisa che “detta norma deve essere interpretata nel senso che la sanzione penale relativa all'abrogato art. 328 è ora relativa alle nuove disposizioni”.

Infine, Cass. 21 ottobre 2010, Bolletta e altro, ibid., 2011, 1, 49, considerò il caso di un datore di lavoro condannato per il reato previsto dagli artt. 5 D.P.R. n. 462/2001 e 389 D.P.R. n. 547/1955, “per non avere effettuato regolari manutenzioni all'impianto di messa a terra, nonché sottoposto lo stesso alla prescritta verifica periodica dall'ARPACAL od organismi individuati dal Ministero delle Attività Produttive”.
A sua discolpa, l’imputato dedusse “l'abolitio criminis per abrogazione ex D.Lgs. n. 81/2008”. Anche qui la Sez. III replicò che “la giurisprudenza di questa Corte ha più volte affermato la continuità normativa tra le fattispecie contravvenzionali della previgente disciplina di prevenzione degli infortuni sul lavoro ed il testo unico di cui al D.Lgs. n. 81/2008 che, con riferimento alla specifica condotta contestata all'imputato, ha in particolare riprodotto agli artt. 80-87 la normativa di prevenzione relativa ad impianti ed apparecchiature elettriche”.

Presentiamo qui una nuova sentenza sulla delicata questione.
Il titolare di un centro estetico e di benessere -dichiarato “colpevole del reato di cui all'art. 4 D.P.R. n. 462/2001, per avere omesso di sottoporre l'impianto elettrico di messa a terra a verifica periodica quinquennale”- deduce che “non vi è continuità normativa tra la fattispecie criminosa di cui agli art. 40 e 328 D.P.R. n. 547/1955 e quella introdotta con il D.P.R. n. 462/2001”, e che “essa, poi, aveva agito in buona fede essendo certa dell'efficienza dell'impianto che, dopo l'ispezione, era stato sottoposto a verifica da una ditta”.

La Sez. III non è d’accordo.
Afferma che “le condotte previste dall'art. 2 D.P.R. 22 ottobre 2001 n. 462 (divieto di messa in esercizio degli impianti elettrici di messa a terra e dei dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche, prima della verifica eseguita dall'installatore), già contemplate dagli artt. 40 e 328 D.P.R. 27 aprile 1955 n. 547 espressamente abrogati dall'art. 9, comma 1, lettera a), D.P.R. n. 462/2001, continuano a essere penalmente sanzionate dall'art. 389, lettera c), D.P.R. n. 547/ 1955, applicabile alla nuova fattispecie per effetto del richiamo contenuto nel comma 2 dell'art. 9 del citato D.P.R., atteso il rapporto di continuità normativa tra l'art. 2 D.P.R. n. 462/2001 e le disposizioni abrogate”.

Precisa che “il precetto di cui agli abrogati art. 40 e 328 D.P.R. n. 547/1955 ha trovato continuità normativa nelle nuove disposizioni del D.P.R. n. 462/2001 (Regolamento di semplificazione del procedimento per la denuncia di installazioni e dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche, di dispositivi di messa a terra di impianti elettrici e di impianti elettrici pericolosi)”: “l'art. 9 del D.P.R. n. 462/2001 recita testualmente, al comma 1, che sono abrogati gli artt. 40 e 328 del D.P.R. n. 547/1955, ma al comma 2 (Messa in esercizio e omologazione dell'impianto), dispone testualmente che i riferimenti alle disposizioni abrogate contenute in altri testi normativi s'intendono riferiti alle disposizioni del presente regolamento, sicché, per quanto riguarda il caso in esame, la sanzione penale relativa agli abrogati artt. 40 e 328, contenuta nel D.P.R. n. 547/1955 [art. 389, comma 1, lettera c)], è ora relativa alle nuove disposizioni”.

Soggiunge che “dal 23 gennaio 2002 è scattato l'obbligo per tutti i datori di lavoro di richiedere e di far eseguire le verifiche periodiche e straordinarie per: impianti elettrici di messa a terra; per installazioni e dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche; per impianti elettrici in luoghi con pericolo di esplosione”, e che, “per le verifiche di legge, mentre precedentemente al D.P.R. n. 462/2001 era compito dell'ISPELS effettuare la prima verifica, e delle ASL le verifiche periodiche, ed erano quindi loro le responsabilità del non rispetto della periodicità, dal 23 gennaio 2002 è il datore di lavoro che ha l'obbligo di richiedere e far effettuare le verifiche secondo le nuove periodicità”.
Afferma che “il datore di lavoro è tenuto a richiedere la verifica periodica degli impianti elettrici di messa a terra e dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche ogni due anni (verifica biennale) per gli impianti elettrici e gli impianti di protezione dalle scariche atmosferiche in luoghi con pericolo di esplosione; per gli impianti di terra e gli impianti di protezione dalle scariche atmosferiche a servizio di:

a) cantieri, cioè luoghi in cui vi siano impianti elettrici temporanei per lavori di costruzione di nuovi edifici, lavori di riparazione, trasformazione, ampliamento o demolizione di edifici esistenti, lavori di movimento terre, lavori simili (interventi di manutenzione in banchine, costruzione di teleferiche, ecc.);

b) ambienti a maggior rischio in caso d'incendio cioè quelli definiti da CEI 64-8 sez. 751; c) locali adibiti a uso medico, cioè destinati a scopi diagnostici, terapeutici, chirurgici, di sorveglianza o di riabilitazione, inclusi i trattamenti estetici (ad es. sala massaggi, ecc.) e ogni cinque anni (verifica quinquennale) per tutti gli altri casi”.

Osserva ancora che “le verifiche degli impianti oggetto del D.P.R. n. 462/2001 possono essere effettuate da organismi abilitati dal Ministero delle Attività Produttive, sulla base della normativa tecnica europea UNI CEI, o in alternativa dalle Asl o dall'Arpa”, e che “non sono valide, quindi, ai fini del DPR n. 462/2001, le verifiche effettuate da professionisti o imprese installatrici”, sicché “il datore di lavoro deve essere in possesso del verbale di verifica rilasciato dall'organismo d'ispezione per poterlo esibire in occasione di controlli da parte degli Enti preposti”.

Questa la conclusione: “l'imputata, titolare di centro estetico e, quindi, tenuta all'osservanza degli obblighi imposti al datore di lavoro in materia d'impianti elettrici di messa in terra, ha omesso di richiedere la verifica periodica quinquennale dell'impianto e non ha ottemperato alla prescrizione di richiedere la verifica all'ARPA entro cinque giorni dalla notifica, donde la sicura configurabilità del reato dovendo categoricamente escludersi la dedotta buona fede e la rilevanza della verifica dalla predetta affidata a un soggetto non abilitato”.