Norma CEI 34-22

Pubblicato: 20 gennaio 2012 Categoria: Guide e approfondimenti
Norma CEI 34-22

Gli apparecchi di illuminazione per l’emergenza sono pur sempre dispositivi di l’illuminazione e devono quindi rispondere alla norma CEI 34-21 (CEI EN 60598-1) per quanto riguarda le prescrizioni generali, ma ciò che ci interessa in questa occasione è esaminare le prescrizioni particolari previste dalla norma CEI 34-22 (CEI EN 60598-2-22).

Un’altra cosa importante da sottolineare, è il fatto che gli apparecchi trattati da questa norma CEI 34-22, sono funzionali all’emergenza, quindi comprendono utilizzi sia per illuminazione di sicurezza che per illuminazione di riserva. Ricordiamo inoltre che nel caso il locale fosse classificato come luogo con pericolo di esplosione gli apparecchi di illuminazione di emergenza non vanno scelti in base alla norma CEI 34-22, ma vanno scelti di tipo antideflagrante e in base alla zona di classificazione.

Le due grandi categorie di apparecchi per l’illuminazione di emergenza sono le seguenti:

  • Apparecchio di emergenza autonomo: in questo caso la fonte di alimentazione per la lampada (batteria) è interna all’apparecchio, come lo sono anche l’unità di controllo, la lampada stessa e gli eventuali dispositivi di prova e segnalazione, o almeno sono nelle strette vicinanze dell’apparecchio (entro 1 m).
  • Apparecchio di emergenza ad alimentazione centralizzata: in questo caso la fonte di alimentazione per la lampada non risiede nell’apparecchio, ma proviene da una sorgente indipendente dall’alimentazione ordinaria (in genere UPS o gruppo elettrogeno oppure una combinazione delle due soluzioni).

Sia gli apparecchi autonomi che quelli centralizzati comunque possono essere di diverso tipo come evidenziato dallo schema di figura 1. Cominciamo a vederne le caratteristiche. Un apparecchio di emergenza, sia autonomo che centralizzato, può essere:

  • A illuminazione permanente: significa che le lampade sono sempre alimentate, e quindi il tubo fluorescente è sempre acceso, sia in condizioni di presenza di rete che in condizioni di emergenza. In un apparecchio autonomo, le cose funzionano così: se è presente l’alimentazione ordinaria di rete, la lampada viene alimentata tramite il raddrizzatore (il quale nel frattempo alimenta anche il carica batteria); nel momento in cui viene a mancare l’alimentazione di rete, l’unità di controllo commuta la lampada sull’alimentazione proveniente dalla batteria. (figura 2). Una variante di questa soluzione consiste nell’illuminazione permanente a luminosità ridotta, nella quale gli apparecchi mantengono una luminosità ridotta in presenza di rete ed una luminosità più elevata in emergenza.

  • A illuminazione non permanente: in un apparecchio di questo tipo, la sorgente luminosa è spenta in presenza della rete di alimentazione e si accende solo quando viene a mancare l’alimentazione ordinaria.

  • A illuminazione combinata: qui siamo in presenza di un apparecchio che contiene al suo interno due o più lampade, delle quali una dedicata all’emergenza e la/le altre dedicate all’illuminazione normale. All’interno dell’apparecchio vanno tenuti separati i due circuiti, normale ed emergenza, attraverso l’uso di doppio isolamento, isolamento rinforzato o uno schermo metallico collegato a terra. Gli apparecchi combinati possono essere sia di tipo permanente che non permanente.
Un’altra possibilità per quanto riguarda gli apparecchi autonomi è offerta dall’illuminazione cosiddetta composta, cioè un apparecchio (permanente o non) che fornisce, attraverso la sua batteria, l’alimentazione oltre che a se stesso anche ad altri apparecchi di illuminazione i quali vengono chiamati satellite, in quanto la loro vita ruota attorno a quella dell’apparecchio composto.
Infine è anche possibile trasformare un normale apparecchio illuminante in un apparecchio di emergenza attraverso l’utilizzo di moduli di emergenza costituiti da batteria e circuito di controllo da collegare alla sorgente luminosa originaria.

Allegati scaricabili
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