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La messa in sicurezza dell’impianto elettrico è una riparazione urgente?

Pubblicato: 5 novembre 2004 Categoria: Notizie tecnico normative

Stando a quello che dice la poco rassicurante sentenza del 18 luglio 2000 sembra proprio di no.

Stando a quello che dice la poco rassicurante sentenza del 18 luglio 2000 da parte del Giudice Unico del Tribunale di Castrovillari, sembra proprio di no. Infatti, secondo quanto stabilito dal Giudice, sarebbe sancito il principio in virtù del quale i lavori di adeguamento degli impianti elettrici di un immobile (in questo caso utilizzato per una attività professionale) alle prescrizioni fissate dalle normative vigenti costituiscono trasformazioni e non riparazioni urgenti.


Il fatto

Un affittuario di un capannone industriale utilizzato per una attività lavorativa chiede al proprietario (in base all’articolo 1577 del Codice Civile) di mettere a norma gli impianti elettrici interni del capannone, ormai vetusti. Ma il proprietario non ci sente, e la richiesta rimane quindi inevasa. L’affittuario decide allora di effettuare comunque i lavori sobbarcandosi i costi per richiederne poi il rimborso (sempre in base all’articolo 1577 del Codice Civile) al proprietario, il quale però non ne vuol sapere di pagare.

A questo punto allora, l’affittuario recupera il denaro sborsato attraverso la mancata corresponsione di alcuni canoni. L’inadempimento contrattuale porta il proprietario a ordinare l’immediata risoluzione del contratto di affitto e a richiedere di conseguenza l’immediato rilascio dell’immobile ai sensi dell’articolo 56 della legge 392 del 27 luglio 1978. L’affittuario si rivolge allora al Giudice.

La sentenza

Il Giudice contesta il carattere di urgenza dei lavori condotti, sostenendo la ricorrenza di tale carattere di urgenza nei soli casi in cui la finalità delle operazioni compiute sia quella di evitare il pericolo di verificazione di guasti imminenti ed argomentando il perfetto funzionamento dell’impianto elettrico in questione, sebbene di remota installazione. Il giudice pertanto censura il comportamento dell’affittuario, alla luce dell’articolo 1574 del Codice Civile laddove si pone a carico del proprietario, tra gli altri, l’obbligo di mantenere la cosa affittata in stato da servire all’uso convenuto, in riferimento però alle sole ipotesi di effettuazione di riparazioni conservative dello stato del locale affittato sussistente al momento della stipulazione del contratto (tesi ultima peraltro confermata da alcune sentenze della Suprema Corte di Cassazione: numero 12085 del 1998; numero 4676 del 1998; numero 590 del 1975). In definitiva viene dato torto all’affittuario.

Il fatto

Ciò che lascia perplessi, e si spera non costituisca un precedente significativo, è il principio secondo il quale se un impianto funziona non ha bisogno di interventi. A questo proposito ci viene a supporto il giudizio di un giurista, il Dott. Mario Tocci il quale afferma che “é pacifico arguire il carattere di urgenza delle riparazioni condotte dall’affittuario (che ha correttamente adempiuto agli obblighi informativi posti a proprio carico nei confronti del proprietario); medesime riparazioni, peraltro, poiché relativi ad impianti interni della struttura dell’immobile locato gravano sul proprietario ex articolo 1576 del Codice Civile (giusta sentenza della Suprema Corte di Cassazione numero 271 del 19 gennaio 1989). Nel caso di specie, inoltre, l’affittuario non viola il disposto dell’articolo 1590 del Codice Civile: costui difatti restituisce la res locata al proprietario in uno stato diverso da quello in cui essa si trovava al momento della stipulazione del contratto, ma migliore perché prevedente la presenza di un miglioramento ossia di un’opera che aumenta oggettivamente la godibilità quindi la produttività e la redditività della medesima res (ai sensi dell’articolo 1592 del Codice Civile e in ossequio a quanto stabilito dalla sentenza della Suprema Corte di Cassazione numero 4871 del 14 maggio 1998); peraltro, il citato articolo 1590 del Codice Civile vieta all’affittuario di eseguire innovazioni idonee ad alterare la natura e la destinazione del bene locato e dunque l’equilibrio del contratto locatizio in pregiudizio del proprietario (secondo l’insegnamento della sentenza della Suprema Corte di Cassazione numero 18 dell’11 gennaio 1988)”.