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Corrente di impiego

Pubblicato: 20 ottobre 2012 Categoria: Altro

Possiamo assumere che la corrente di impiego del circuito coincida con la corrente nominale della elettropompa.
Qualcuno potrebbe proporre una corrente a questa del 10% superiore.

La corrente nominale nel nostro caso è quella che compete al motore da 90 kW.
La si può ricavare dalle tabelle, che riportano le caratteristiche tecniche dei motori messe a disposizione dai costruttori o con il calcolo, ipotizzando i valori da attribuire al cosφ di funzionamento e al rendimento a regime del motore (entrambi abbastanza elevati per una macchina importante quale quella in esame).

Supponiamo, come di solito avviene, che la macchina rotante sia a due poli e che la relativa corrente nominale risulti 160 A. Per una macchina a 4 poli la corrente nominale potrebbe assumere un valore pari a 180 A.
La formula da usare per ricavare in modo approssimato la corrente nominale del motore è indicata nella figura 2.
L’ultima edizione della norma UNI, che tratta degli impianti antincendio, chiede che il cavo di alimentazione dell’elettropompa sia dimensionato per una corrente pari al 150% di quella che la elettropompa può assorbire nelle condizioni più sfavorevoli.
Non specifica niente di più.

Probabilmente la norma nella sua ermeticità si riferisce alla portata della conduttura.
Ma in realtà sembra dal punto di vista tecnico più giusto pensare che essa si sia espressa in modo del tutto generale e che quindi la regola sia da riferire sia alla verifica della caduta di tensione, sia alla verifica termica, cioè della portata.
Se la corrente nominale del motore della pompa vale, come già detto, 160 A, secondo l’indicazione della norma UNI EN 12845 si dovrebbe considerare per il dimensionamento elettrico del circuito una corrente di impiego pari a circa 240 A.
A questo punto però la prima domanda che ci possiamo porre è la seguente: quanto a lungo può resistere un motore da 90 kW nelle condizioni di sovraccarico che gli impongono di assorbire 240 A ? Certamente poco.

Così ha risposto un costruttore di motori espressamente in proposito da noi interpellato.
La richiesta della norma appare invero molto strana, in quanto è abbastanza noto che difficilmente un motore può sopportare una tale corrente per tempi significativi.
Comunque una ricerca condotta nella nostra piccola, ancorché non aggiornatissima, biblioteca (Cei 2-3 anno 1988, Macchine elettriche rotanti) ci fornisce questa informazione da ben considerare: art. 18.2 “Sovracorrente occasionale dei motori a corrente alternata. I motori a c.a. trifase, la cui Pn è inferiore o uguale a 315 kW e la cui Vn è inferiore uguale a 1 kV, devono essere in grado di sopportare una corrente uguale a 1,5 volte la corrente nominale per almeno 2 min”.
È legittimo chiedersi per quale ragione mai si debba dimensionare termicamente una conduttura per l’alimentazione di un motore per una corrente che esso non sarà mai in grado di sopportare.
Veri misteri delle norme tecniche!

A questa prima importante osservazione fa riscontro una seconda osservazione altrettanto importante.
Che portata si può attribuire ad un cavo chiamato di massima a funzionare solo due volte l’anno e per 25 anni? Si può ipotizzare infatti prudenzialmente che l’impianto antincendio sia messo in azione due volte l’anno e che il transito della corrente di 240 A nel cavo da dimensionare possa ad ogni prova durare circa 30 minuti.
La temperatura di funzionamento ammissibile del cavo deve essere tale da consentirgli di svolgere pienamente la sua funzione per soltanto una cinquantina di ore circa in tutta la sua vita.

Riferiamoci ad un cavo dimensionato per la corrente che la elettropompa può assorbire nelle condizioni di massimo prelievo previsto (160 A) ed ipotizziamo che per qualche motivo anche poco sensato, come abbiamo verificato, ogni volta che l’impianto antincendio sia provato, la pompa elettrica assorba una corrente pari a 240 A (visto che la norma UNI pertinente chiede che il cavo abbia portata 1,5 IB (240 A = 160 A x 1,5).
Se sollecitiamo in modo permanente un cavo che abbia una portata standard pari a 160 A, con una corrente pari a 1,5 volte tale valore, esso dovrebbe portarsi ad una temperatura di funzionamento pari a circa 160 °C.
Data la peculiarità della situazione sembra proprio il caso di sfruttare la legge di Arrhenius, per contenere dei costi che non avranno mai alcun ritorno.

Sul diagramma della durata di vita dei cavi si può leggere che un cavo isolato in eprotenax può subire tali cicli anche per 1000 ore nella sua vita, garantendo la sua prestazione.
Poiché ne è previsto l’uso programmato solo (25 anni x 2 volte all’anno) per 50 volte nell’arco della sua vita, esso risulterà attivo solo per 50/1000 della sua capacità.
Si può pertanto affermare che un cavo dimensionato con i normali criteri sembra soddisfare la pretesa della norma, anche se questa a nostro dire sembra esagerare.
Possiamo dire che già un cavo unipolare da 50 mm2 per fase sembra soddisfare ai requisiti richiesti dalle norme CEI e UNI insieme? Sembra quasi di sì!
Si tratta di una scelta progettuale molto diversa da quella proposta secondo gli standard ordinari.

Un nostro collega, che evidentemente seguiva le nostre considerazioni su “filo elettrico”, rispondendo al nostro invito di dimensionare il circuito in esame, ha individuato per il motore sopra descritto la seguente soluzione per il circuito: “due cavi in parallelo per fase (3 fasi x 2 x 1 x 95 mm2) con i seguenti dati: corrente Ib=160 A, taratura interruttore automatico pari a 300 A (si tratta di una pompa antincendio), temperatura di lavoro del cavo pari a 42°C, caduta di tensione 1.05%”.
Ci chiediamo se con tale dimensionamento il nostro collega abbia tenuto conto della condizione molto importante, per la quale la norma sugli impianti di alimentazione delle pompe antincendio impone, come detto, di farlo ipotizzando una corrente di impiego pari al 150% della corrente che la elettropompa può richiedere nelle condizioni di massimo lavoro previsto.
Riteniamo di sì, anche se comunque ci pare egli abbia scelto la consistenza della conduttura con estrema cautela.

Noi crediamo che la norma nel caso specifico a proposito del sovradimensionamento del cavo sia caduta in errore e fornisca una indicazione sbagliata.
Più in generale la norma può facilmente sbagliare tutte le volte che si permette di intervenire rigidamente nei dettagli progettuali di non sua stretta pertinenza.
Noi per il caso in esame saremmo orientati ad usare dal punto di vista termico un solo cavo per fase da 95 mm2 e non due, risparmiando circa la metà. Anzi per l’approfondimento condotto sembrerebbe possibile ridurre ulteriormente la sezione almeno a 70 mm2.

Riteniamo di aver dimostrato, senza considerare al momento le cadute di tensione, che si può ottenere un risparmio notevolissimo nel dimensionamento di questa particolare conduttura.
Vedremo più avanti, se anche tenendo conto delle cadute di tensione, il cavo da 70 mm2 già ipotizzato possa fare al nostro caso.
Ci pare questo già un buon risultato, senz’altro almeno teoricamente migliorabile se la conduttura fosse più corta.
Sembra anche appena il caso di ricordare che, sempre dal punto di vista del riscaldamento, un comune relè termico per motori per una corrente pari a 1,5 volte la corrente regolata interviene in un tempo che può oscillare tra 2 minuti e 12 minuti.

Anche alla luce di questo fatto sembra proprio esagerato dimensionare un circuito per 1,5 volte la sua corrente di impiego, visto che comunque il motore da questo alimentato sembra sicuramente destinato a cedere. Se aggiungiamo l’osservazione che, così come almeno dovrebbe essere, tutte le volte che saranno effettuati i test di prova sul sistema antincendio, gli operatori dovrebbero controllare il corretto assorbimento in corrente del motore, possiamo concludere che l’assorbimento anomalo nel tempo della conduttura, con riferimento alla legge di Arrhenius, ai fini del suo dimensionamento si riduce proprio di molto.

Pertanto per tutte le condutture “non lunghe” vale l’importante considerazione che abbiamo già fatto per quanto attiene al consistente risparmio che si può ottenere nel dimensionamento della conduttura.
Tornando a dire che la norma non è di grande aiuto come al solito, quando si entra nel dettaglio della progettazione, resta da verificare nella scelta della consistenza della conduttura l’influenza del criterio della caduta di tensione.
La nostra impressione è che il normatore almeno per quanto riguarda l’aspetto elettrico sia andato un po’ troppo a naso, influenzato forse molto dal fatto che, poiché non è tollerata per questioni di sicurezza la presenza di un relè termico di protezione del motore, di conseguenza sembra giustificato/lecito richiedere per la relativa conduttura un sovradimensionamento del 50%.

Figura 2 - Calcolo approssimativo della corrente nominale del motore elettrico
Commessa:
Cliente:
Impianto:
Utenza:
Calcolo della corrente nominale di un motore
Vn=400V
3F f=50Hz
Componenti
I
Corrente nominale del motore [A] 160
P
Potenza nominale del motore [kW] (potenza meccanica resa all\'asse) 90
V
Tensione nominale del motore [V] 400
η
Rendimento del motore alla prestazione nominale 0,90
cosφ
Coseno dell\'angolo di sfasamento tra la tensione di alimentazione e la corrente assorbita dal motore in funzionamento nominale 0,9
Formula di calcolo
I = 1000 * P / (Η * √3 * V * cosΦ )