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Urto di cavi elettrici e responsabilità

Urto di cavi elettrici e responsabilità

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUARTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MORGIGNI Antonio – Presidente Dott. FOTI Giacomo – Consigliere Dott. BIANCHI Luisa - Consigliere Dott. MAISANO Giulio - rel. Consigliere Dott. MARINELLI Felicetta - Consigliere ha pronunciato la seguente: sentenza sul ricorso proposto da:1) M.V., N. ;2) R.A., N. ;avverso la sentenza n. 926/2006 CORTE APPELLO di LECCE, del 03/10/2008;visti gli atti, la sentenza e il ricorso;udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/09/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dr. GIULIO MAISANO;Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Mazzotta Gabriele, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi con condanna alle spese;Udito il difensore avv. A R., del Foro di Rieti, che ha concluso per l'accoglimento delricorso. Fatto Con sentenza del 3 ottobre 2008 la Corte d'Appello di Lecce, per quanto rileva in questa sede,  ha  confermato  la  sentenza  del  Tribunale  di  Lecce  sezione  distaccata  di  Nardo,  in data 12 dicembre 2005 che, fra l'altro, ha dichiarato R.A. e M.V. colpevoli del reato di cui agli artt. 41 e 589 c.p., perchè, in concorso di cause indipendenti, cagionavano la morte del lavoratore Ro.Sa., che rimaneva folgorato a seguito dell'urto di cavi elettrici di media tensione  mentre,  manovrando  il  braccio  di  una  gru  tipo  Effer,  montata  su  autocarro  Fiat 690 scaricava a terra grossi tubi, per colpa e per violazione delle norme sulla prevenzione da infortuni sul lavoro, e, in particolare del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 4, comma 2, lett. b) e  D.P.R.  n.  164  del  1956,  art.  11,  il  M.  in  qualità  di  ingegnere  direttore  tecnico  della sicurezza  e  di  redattore  del  Piano  Operativo  di  Sicurezza  (POS)  non  riportando  nel suddetto piano modalità operative e dettagliate misure di prevenzione e protezione a tutela dei  lavoratori  in  relazione  alla  presenza  nell'area  di  cantiere  di  una  linea  elettrica  aerea interferente con i lavori di scavo, di movimentazione e scarico dei tubi lungo il tracciato del cantiere,  fase  di  lavoro  questa,  occasione  dell'infortunio  mortale,  non  prevista  nel  piano ma  necessaria  per  la  realizzazione  dell'opera  e  non  vigilando  sulle  norme  di  sicurezza previste dal D.P.R. n. 164 del 1956, art. 11 che vieta l'esecuzione di lavori in prossimità di linee elettriche aeree a distanza minore di 5 metri a meno che non sia stata realizzata una adeguata  protezione  o  la  linea  elettrica  sia  stata  disattivata;  il  R.  in  qualità  geometra assistente  di  cantiere,  presente  sul  cantiere  il  giorno  dell'infortunio,  non  vigilando sull'applicazione delle norme previste dall'art. 11 citato e non provvedendo a disporre una adeguata  protezione  atta  ad  evitare  accidentali  contatti  o  pericolosi  avvicinamenti  con  il braccio  della  gru  o  comunque  a  segnalare  preventivamente  all'ENEL  la  necessità  di disattivare la linea elettrica.

La  Corte territoriale ha motivato  tale  decisione  considerando  che, dall'istruttoria  svolta,  è emerso che il R. ha di fatto svolto le funzioni di preposto al cantiere, per cui incombevano su di lui gli obblighi derivanti dal D.P.R. n. 164 del 1956, art. 11 e D.Lgs. n. 494 del 1996, art.  22,  mentre  aveva  dimostrato  trascuratezza  in  riferimento  alle  specifiche  esigenze antinfortunistiche direttamente rilevanti nell'evento per cui è causa. Quanto  al  M.  la  Corte  d'Appello  ha  considerato  che  egli,  quale  direttore  tecnico  e responsabile  della  sicurezza,  rivestiva  il  ruolo  di  dirigente  della  azienda  specificamente preposto  alla  sicurezza  dei  lavoratori  ed  era,  pertanto,  destinatario  dei  relativi  obblighi antinfortunistici;  in  particolare,  con  riferimento  al  POS,  la  Corte  d'Appello  ne  ha  rilevato l'assoluta inadeguatezza rispetto alle esigenze di sicurezza che era chiamato a soddisfare; inoltre  è  stato  escluso  che  il  comportamento  della  vittima  sia  stata  causa  dell'incidente come preteso dagli imputati. Avverso tale sentenza propongono ricorso il R. e il M. chiedendone l'annullamento. Il R. deduce la nullità della sentenza per inosservanza o erronea applicazione della legge penale ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) con riferimento all'art. 589 c.p. ed al D.P.R. n. 547 del 1955, artt. 4 e D.P.R. n. 164 del 1956, art. 11. In  particolare  il  ricorrente  deduce  di  non  essere  stato  assistente  di  cantiere,  figura ricoperta da altro  dipendente,  e di  non avere  neanche  conosciuto  il  POS e  di  non  avere mai  ricevuto  deleghe  o  assunto  responsabilità  in  merito  alla  sicurezza  del  lavoro,  e  di avere raccomandato agli operai di prestare attenzione alla linea elettrica sulla base della sua  esperienza;  inoltre  il  R.  ribadisce  l'esclusiva  responsabilità  della  vittima  nella determinazione  dell'evento,  avendo  questi  posizionato  la  gru  in  posto  certamente pericoloso e non idoneo alla completa sicurezza proprio sotto la linea elettrica. Il  M.  lamenta  inosservanza  o  erronea  applicazione  della  legge  penale  ex  art.  606  c.p.p., comma  1,  lett.  b)  con  riferimento  all'art.  589  c.p.  ed  al  D.Lgs.  n.  626  del  1994,  art.  4, comma 2 e D.P.R. n. 164 del 1956, art. 11, e difetto di motivazione ex art. 606 c.p.p., lett. e). In  particolare  il  ricorrente  deduce  che  oltre  al  POS  esisteva  un  Piano  di  Sicurezza  e Coordinamento  (PSC)  che  integrava  il  primo  costituendo,  nell'insieme,  un  idoneo strumento di sicurezza essendo specificato il rischio del lavoro ed erano state fornite tutte le indicazioni necessarie per evitarli, con particolare riferimento al contatto accidentale con linee elettriche aeree. Con  secondo motivo  si  lamenta  inosservanza  o  erronea  applicazione  della  legge  penale ex  art.  606  c.p.p.,  comma  1,  lett.  b)  con  riferimento  all'art.  41,  comma  secondo  c.p.  in relazione all'art. 589 c.p., e difetto di motivazione ex art. 606 c.p.p., lett. e). In  particolare  si  deduce  che  il  nesso  di  causalità  sarebbe  stato  interrotto  dal comportamento anomalo del lavoratore avventato, disattento e imprudente, soprattutto nel posizionamento della gru sotto la linea elettrica aerea.

Diritto I ricorsi sono infondati e vanno conseguentemente rigettati. Quanto  alla  doglianza  del  R.  va  osservato  che  la  Corte  territoriale  ha  congruamente motivato riguardo alla sua posizione di fatto quale preposto di cantiere, facendo chiaro ed esauriente richiamo alla oggettività dei fatti, al giornale dei lavori, alle deposizioni dei testi, ed alle stesse dichiarazioni dell'imputato che ha ammesso di avere avuto ampia delega in ordine ai lavori di cantiere direttamente dal datore di lavoro. Al  riguardo  va  sottolineato  che,  ai  fini  della  prova  del  ruolo  di  preposto,  o  comunque  di supremazia  rispetto  al  lavoratore, non  è  richiesto un elemento probatorio  documentale o formale,  potendo  il  giudice  del  merito  fondare  il  proprio  convincimento,  così  come  è avvenuto  nella  concreta  fattispecie,  anche  su  un  compendio  probatorio  costituito  da testimonianze e/o accertamenti fattuali, così come precisato nella giurisprudenza di questa Corte. Ed è stato altresì affermato, dalla Suprema Corte, che la qualifica di preposto deve essere riconosciuta con riferimento alle mansioni effettivamente svolte nell'impresa, a prescindere da formali  qualificazioni  giuridiche:  "in materia  di  prevenzione  degli  infortuni  sul  lavoro,  il conferimento  della  qualifica  di  preposto  deve  essere  attribuita,  più  che  in  base  a  formali qualificazioni  giuridiche,  con  riferimento  alle  mansioni  effettivamente  svolte  nell'impresa; pertanto, chiunque abbia assunto, in qualsiasi modo, posizione di preminenza rispetto agli altri  lavoratori,  così  da  poter  loro  impartire  ordini,  istruzioni  o  direttive  sul  lavoro  da eseguire,  deve  essere  considerato,  per  ciò  stesso,  tenuto  a  norma  del  D.P.R.  27  aprile 1955, n. 547, art. 4, all'osservanza ed all'attuazione delle prescritte misure di sicurezza ed al controllo del loro rispetto da parte dei singoli lavoratori" (per tutte Cass. 19 giugno 2007 n.  35666  Sez.  3A,  7  ottobre  1999,  n.  11406);  "in  tema  di  prevenzione  degli  infortuni  sul lavoro chiunque, in qualsiasi modo, abbia assunto posizione di preminenza rispetto ad altri lavoratori,  così  da poter  loro  impartire ordini,  istruzioni  o  direttive  sul  lavoro  da eseguire, deve essere considerato automaticamente tenuto, ai sensi del D.P.R. n. 547 del 1955, art. 4  ad  attuare  le  prescritte  misure  di  sicurezza  e  a  disporre  e  ad  esigere  che  esse  siano rispettate,  a  nulla  rilevando  che  vi  siano  altri  soggetti  contemporaneamente  gravati  dallo stesso obbligo per un diverso e autonomo titolo (Sez. 4A, 19 febbraio 1998, n. 3948 e 19 giugno 2007 n. 35666). Pertanto  la  lamentela  del  ricorrente  in  ordine  alla  mancanza  di  una  delega  formale riguardo alla sicurezza non è fondata. Parimente  infondato  è  il  richiamo  relativo  al  comportamento  del  lavoratore  che  avrebbe interrotto il nesso causale con l'evento. Tale motivo di censura, comune al ricorso del M., è infondato in quanto, come affermato dalla Corte di Cassazione (per tutte Cass. 3 giugno 1999 n. 12115) il comportamento pur sempre  avventato  del  lavoratore  posto  in  essere  mentre  è  dedito  al  lavoro  affidatogli  e pertanto  non  esorbitante,  può  essere  invocato  come  imprevedibile  o  abnorme  solo  se  il datore di lavoro ha adempiuto tutti gli obblighi che gli sono imposti in materia di sicurezza sul  lavoro,  obblighi  che  mirano  appunto  ad  evitare  l'abnorme,  l'imprevedibile  e  pertanto che il lavoratore per eseguire il proprio lavoro si avvalga di accorgimenti diversi da quelli imposti  dalla  legge  o  suggeriti  dalla  migliore  ricerca.  Nel  caso  in  esame  non  sussistono 

dubbi che l'incidente mortale è occorso alla vittima mentre era impegnato nelle mansioni lavorative affidategli. Quanto  al  ricorso  del  M.,  detto  del  secondo  motivo  relativo  al  nesso  di  causalità,  con riferimento al primo motivo va considerato che la sentenza impugnata ha espressamente e logicamente  motivato  in  relazione  all'inidoneità  o  comunque  insufficienza  del  Piano Operativo della Sicurezza elencando tutti gli elementi che il piano stresso deve contenere per  svolgere  la  sua  funzione  di  individuazione  e  valutazione  di  tutti  gli  elementi  che possono  influire  sulla salute e  sicurezza  dei  lavoratori,  anche  con  riferimento al  Piano di Sicurezza e Coordinamento di cui vengono chiarite le differenze e le funzioni. In  particolare  la  Corte  territoriale  ha  sottolineato  la  carenza  del  POS  che  non  indicava neppure  la  linea  elettrica  aerea  che  interferiva  con  la  zona  di  scavo,  e  la  materiale assenza nel cantiere di qualsiasi indicazione tanto che lo stesso preposto di fatto R. non conosceva  il  POS  e  si  era  limitato a  generiche  raccomandazioni  ai  lavoratori  di  prestare attenzione. La completa motivazione sul punto rende del tutto infondata la lamentela del ricorrente riguardo alla asserita idoneità del POS di competenza del M.. Al  rigetto  dei  ricorsi  consegue  la  condanna  dei  ricorrenti  al  pagamento  delle  spese processuali. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione, Sezione Quarta Penale, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Pubblicato: 13 febbraio 2014 Categoria: Manuali tecnici