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Periodicità dei controlli in funzione del tipo di rischio dei locali

Pubblicato: 8 gennaio 2012 Categoria: Guide e approfondimenti
Sanzioni previste 

Dopo il 10 settembre 2003 con l’entrata in vigore del Dlgs 233/03 “Attuazione della direttiva 99/92/CE relativa alle prescrizioni minime per il miglioramento della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori esposti al rischio di atmosfere esplosive”, occorre distinguere due situazioni sanzionatorie differenti. La prima per gli impianti di terra e dispositivi di protezione dalle scariche atmosferiche, per i quali ci si deve ancora rifare al DPR 547/55, e la seconda per gli impianti nei luoghi con pericolo di esplosione, per i quali il nuovo decreto ha classificato inadempienze e sanzioni differenti:

  • Impianti di terra e dispositivi di protezione dalle scariche atmosferiche: All’art. 9 comma 2, il DPR 462/01 afferma: “I riferimenti alle disposizioni abrogate contenute in altri testi normativi si intendono riferiti alle disposizioni del presente regolamento”. Cosa si intende con questa frase abbastanza criptica? Che le sanzioni previste in caso di violazione a disposizioni contenute in articoli abrogati (art. 40 e 328 del DPR 547/55), sono applicabili in caso di inosservanza agli obblighi previsti dal DPR 462/01.
    Quindi, le sanzioni applicabili in caso di omesso invio della dichiarazione di conformità per i nuovi impianti, o di mancata richiesta ed effettuazione delle verifiche periodiche, sono quelle previste al punto c) dell’art. 389 del DPR 547/55, che prevede l’arresto fino a tre mesi o l’ammenda da lire cinquecentomila (euro 258) a lire due milioni (euro 1033). Trattandosi di verifiche che riguardano la materia della sicurezza ed igiene del lavoro, in caso di accertata violazione verranno applicate le procedure previste dal Dlgs 758/94 “Modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia di lavoro”.
    Le sanzioni possono essere comminate da funzionari e ispettori USL , che abbiano la qualifica di Ufficiali di Polizia Giudiziaria (art. 21 legge 883/78).
    I verificatori degli Organismi abilitati non hanno la qualifica di UPG (e nemmeno tutti gli ispettori USL), ma in base all’art. 357 del Codice Penale, esercitando una pubblica funzione legislativa, sono a tutti gli effetti Pubblici Ufficiali (PU). I PU non possono emettere prescrizioni ai sensi del Dlgs 758/94, ma sono tenuti (art. 361 Codice Penale) a denunciare eventuali inadempienze ad un’autorità in possesso della qualifica UPG affinché questa emetta la prescrizione.


    In qualsiasi modo giunga la prescrizione l’iter è il seguente:

    1. L’organo di vigilanza (con qualifica UPG) emette la prescrizione, cioè il provvedimento attraverso il quale si impartisce l’ordine al datore di lavoro di rimuovere la situazione di pericolo riscontrata;
    2. L’organo di vigilanza fissa un termine temporale per la regolarizzazione, tecnicamente necessario al datore di lavoro per eliminare le violazioni;
    3. L’organo di vigilanza invia una copia della prescrizione al pubblico ministero e al rappresentante legale dell’ente presso il quale si è riscontrata la violazione;
    4. Il pubblico ministero iscrive il contravventore nel registro degli indagati, sospendendo l’azione penale fino a che non sono scaduti i termini della prescrizione;
    5. Entro sessanta giorni dalla scadenza della prescrizione l’organo di vigilanza deve verificare se è avvenuta la regolarizzazione;
    6. Se la regolarizzazione è avvenuta, il datore di lavoro è ammesso a pagare una sanzione all’organo di vigilanza, pari a un quarto del massimo previsto (1033/4 = 258 euro); viene data comunicazione al pubblico ministero dell’avvenuto pagamento, il procedimento penale viene archiviato e il reato considerato estinto;
    7. Se la regolarizzazione avviene in tempi e modi diversi da quelli previsti, il datore di lavoro può pagare una sanzione al pubblico ministero, pari a un quarto del massimo (258 euro);
    8. Se la regolarizzazione non è avvenuta l’organo di vigilanza avverte il datore di lavoro e il pubblico ministero della scadenza dei termini; ci sarà un rinvio a giudizio davanti al pretore oppure il contravventore sfrutterà l’ultima via di uscita amministrativa che consiste nel versare un’oblazione ordinaria pari alla metà del massimo previsto (516 euro)
      Ricordiamo che gli organi di vigilanza che possono emettere prescrizioni, oltre all’ASL, sono l’ISPESL, l’Ispettorato del Lavoro, i Nas, etc.

  • Impianti in luoghi con pericolo di esplosione:
    Per questo tipo di impianti il decreto 233/03, inserito come titolo VIII bis all’interno del Dlgs 626/94, introduce, per alcune precise inadempienze da parte del datore di lavoro, delle sanzioni di entità superiore rispetto a quanto previsto per le mancate verifiche sugli altri impianti. Queste sanzioni sono previste dall’art. 89, comma 2° del Dlgs 626/94 e consistono nell’arresto da tre a sei mesi o l’ammenda da lire tre milioni (1549 euro) a lire otto milioni (4132 euro). Riportiamo l’elenco delle violazioni che comportano ciascuna l’applicazione di queste sanzioni, inserendo anche quelle che non sono strettamente connesse con le mancate verifiche:

    1. Il datore di lavoro non provvede affinché le installazioni elettriche nelle aree classificate come zone 0, 1, 20 e 21, siano sottoposte a verifica biennale come previsto dal DPR 462/01
    2. Il datore di lavoro non provvede ad effettuare la classificazione in zone delle aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive
    3. Il datore di lavoro non assicura che nelle zone pericolose siano applicate le prescrizioni minime di sicurezza previste all’allegato XV-ter del Dlgs 233/03
    4. Il datore di lavoro non effettua il coordinamento di tutte le misure riguardanti la salute e la sicurezza dei lavoratori e non specifica nel documento sulla protezione contro le esplosioni, l’obiettivo, le misure e le modalità di detto coordinamento
    5. Il datore di lavoro non prende provvedimenti necessari per strutturare gli ambienti di lavoro dove possano svilupparsi atmosfere esplosive pericolose, in modo da permettere di svolgere il lavoro in condizioni di sicurezza
    6. Il datore di lavoro non prende provvedimenti necessari per strutturare gli ambienti di lavoro dove possano svilupparsi atmosfere esplosive pericolose, in modo da garantire un controllo durante la presenza dei lavoratori, mediante l’utilizzo di mezzi tecnici adeguati
    7. Nel caso che la natura dell’attività non consenta di prevenire la formazione di atmosfere esplosive, il datore di lavoro non fa nulla per evitare l’accensione di atmosfere esplosive
    8. Nel caso che la natura dell’attività non consenta di prevenire la formazione di atmosfere esplosive, il datore di lavoro non fa nulla per attenuare gli effetti di un’esplosione
    9. Il datore di lavoro non predispone il documento sulla protezione contro le esplosioni (parte integrante del documento sulla valutazione dei rischi)

Per quanto riguarda chi può comminare sanzioni e qual è l’iter seguito dalla prescrizione, ci si può rifare a quanto già detto sopra per quanto riguarda gli impianti di terra e di protezione contro le scariche atmosferiche. In realtà, dietro a questo meccanismo delle sanzioni c’è un’ombra incombente, che potrebbe rendere vane quelle relative a impianti di terra e protezione fulmini. All’art. 1 comma 2 del DPR 462/01, viene affermato che con uno o più decreti saranno individuati gli impianti oggetto del DPR 462 stesso, cioè questi decreti dovranno dirci dove, a quali impianti, applicare il DPR 462. Attualmente l’unico decreto che specifica con sufficiente chiarezza qual è il campo di applicazione del DPR 462, è il Dlgs 233/03 relativo agli impianti nei luoghi con pericolo di esplosione, in vigore dal 10 settembre 2003.Per questo tipo di impianti quindi le sanzioni sono incontestabili, mentre per quanto riguarda gli impianti di terra e quelli di protezione contro le scariche atmosferiche, questi decreti non sono ancora stati emanati e quindi rimane per essi un margine di indeterminatezza nell’individuare il campo di applicazione del DPR 462/01. In attesa lo si applica a quelle tipologie di impianti individuate attraverso leggi e norme vigenti. Ma proprio per questo cavillo, le sanzioni riguardanti le verifiche su impianti di terra e di protezione fulmini potrebbero essere contestate, adducendo il venir meno del principio di legalità.


Dubbi, chiarimenti interpretativi e altre situazioni

  • Installatore. Già si sa che il verificatore di un Organismo abilitato, assume durante la verifica stessa la veste di pubblico ufficiale. Anche l\'installatore, che rilasciando la dichiarazione di conformità omologa l\'impianto di terra e/o l\'impianto di protezione dalle scariche atmosferiche si sostituisce agli Enti (ASL, ISPESL), diventa in quell\'atto un pubblico ufficiale ed è quindi tenuto a segnalare ad ispettori con la qualifica di \"ufficiali di polizia giudiziaria\" (ispettori degli enti suddetti) eventuali inadempienze. In caso contrario potrebbe essere accusato di omessa denuncia di reato.

  • Verifica biennale o quinquennale. Chi stabilisce se l\'ambiente in cui effettuare la verifica deve sottostare ad una verifica biennale (cantiere, medico, incendio, esplosione) o quinquennale? Il datore di lavoro che se ne assume ovviamente la responsabilità.

  • Decreto sul decreto. Il DPR 462/01 stabilisce che i luoghi oggetto del decreto stesso saranno individuati con un successivo decreto, che stabilisca con precisione quali sono i luoghi a maggior rischio in caso di incendio, i luoghi con pericolo di esplosione, etc. Al momento del decreto atteso nessuna traccia e questo lascia dubbi sulla legalità delle sanzioni.

  • Luoghi sia biennali che quinquennali. Cosa fare nel caso in cui in un unico posto di lavoro siano presenti alcuni ambienti per i quali è prevista la verifica biennale (es. centrale termica, ambulatorio medico, etc.) e altri per i quali è prevista la verifica quinquennale ? Possiamo individuare tre soluzioni. La prima è quella di non porsi il problema e seguire il decreto alla lettera: ogni due anni si effettua la verifica nell\'ambiente biennale e ogni cinque anni si effettua la verifica nell\'ambiente quinquennale: semplice ma forse poco razionale. La seconda soluzione potrebbe essere quella di effettuare la verifica ogni due anni per l\'intero impianto, a patto che il locale che prevede il biennale sia quello a superficie prevalente, altrimenti si dovrebbe presumere che il datore di lavoro non sia molto d\'accordo. Una terza soluzione, di mezzo, potrebbe essere quella di alternare, a intervalli regolari di due anni, una verifica totale dell\'impianto e una verifica parziale cioè di quei soli locali che richiedono il biennale. E\' vero che quest\'ultima soluzione accorcia il quinquennale a quadriennale, però razionalizza gli spostamenti del verificatore e le incombenze del datore di lavoro.

  • Verificatori. Che caratteristiche devono avere i verificatori degli Organismi abilitati? Un chiarimento del Ministero delle Attività Produttive ha stabilito più che altro chi non lo può fare. Viene escluso infatti chiunque svolga attività di consulenza, progettazione, installazione, manutenzione di impianti (anche se non è quello da verificare) e qualsiasi tecnico che collabori con studi di progettazione o imprese di installazione. Questo per garantire l\'indipendenza degli Organismi abilitati. L’elenco dei verificatori viene inviato ed esaminato dal ministero delle attività produttive. Poi in sostanza viene lasciata la responsabilità alla serietà del singolo Organismo.

  • Sovrapposizione di verifiche. Il DPR 462/01 prevede due obblighi per il datore di lavoro: quello di effettuare queste verifiche “ispettive” di cui stiamo parlando, con la cadenza stabilita, e quello di effettuare regolari manutenzioni dell\'impianto che si possono tradurre anche con l\'effettuazione di verifiche “manutentive” previste dalla vigente normativa CEI per quell\'ambiente. Ricordiamo che la manutenzione degli impianti ai fini della sicurezza è un obbligo previsto oltre che dal DPR 462/01 (art. 4), anche dal DPR 547/55 (artt. 267 e 374) e dal Dlgs 626/94 (artt. 3 e 32). Le prime verifiche sono effettuate dall\'ASL/ARPA od Organismo abilitato, le seconde da liberi professionisti. In questo modo non dovrebbero esserci sovrapposizioni di competenze, anche se è abbastanza utopistico aspettarsi che un datore di lavoro faccia eseguire le une e le altre verifiche.

  • Sanzioni nel caso di impianti realizzati prima dell’entrata in vigore del DPR 462/01 e mai denunciati. Ci si chiede: Esiste un limite di tempo oltre il quale l’omessa denuncia cade in prescrizione, oppure è una violazione che può essere contestata sempre ? Seppure non ci sia ancora un’interpretazione univoca, la tesi prevalente dovrebbe essere che l’omessa denuncia è considerato un reato permanente e che esista continuità normativa tra il DM 12/09/59 e il DPR 462/01. In questo caso l’organo di vigilanza può contestare il reato senza limiti di tempo e il datore di lavoro commette reato fino alla denuncia. Il reato si prescrive solo dopo tre anni + trenta giorni dalla ritardata denuncia. Nel caso in cui venisse accolta invece la tesi della discontinuità tra il DM 12/09/59 e il DPR 462/01, il reato ricomincerebbe dalla data di entrata in vigore del nuovo decreto (23 gennaio 2001) e si prescriverebbe quindi il 23 gennaio 2005.

  • Differenze tra ASL/ARPA e Organismo abilitato. Chiamata dal datore di lavoro ad effettuare la verifica, l\'ASL/ARPA ha facoltà di estendere la verifica all\'intero ambito della sicurezza all\'interno dell\'azienda, mentre l\'Organismo abilitato si deve limitare ad effettuare le sole verifiche previste.

  • ASL/ARPA in azienda. Al contrario di quanto succedeva prima, l\'ASL/ARPA non può presentarsi in azienda per effettuare un controllo, diciamo così, a sorpresa. Può solamente presentarsi per chiedere il verbale di verifica ed accertarsi che le scadenze siano state rispettate. L\'ASL/ARPA deve essere chiamata dal datore di lavoro, che peraltro ha l\'obbligo di chiamarla (o almeno l\'Organismo abilitato).

  • Dichiarazione da trasmettere. Come sappiamo, al termine dei lavori l\'installatore deve inviare la dichiarazione di conformità per omologare l\'impianto. Ma quale dichiarazione? L\'intera dichiarazione, cioè quella comprensiva anche degli allegati obbligatori previsti, o una versione light con la sola prima pagina? L\'ISPESL, atterrita dall\'arrivo di una possibile valanga cartacea, si è affrettata a specificare che è sufficiente inviare il solo frontespizio, assieme al modulo di trasmissione della dichiarazione. D\'altra parte l\'intera dichiarazione, che non è completa senza gli allegati, deve essere disponibile per un controllo presso l\'azienda.

  • Chi deve effettuare le verifiche straordinarie in seguito ad esito negativo della verifica?
    Si potrebbero prospettare le seguenti possibilità:

    1. A scelta, da parte del datore di lavoro, uno dei soggetti abilitati;
    2. Obbligatoriamente, su richiesta del datore di lavoro, il soggetto che ha effettuato la stessa verifica periodica con esito negativo;
    3. D’ufficio, il soggetto che ha effettuato la stessa verifica periodica con esito negativo.
    Probabilmente la scelta corretta è la prima, poiché anche il decreto non specifica nulla al riguardo. Un’alta questione non chiara è il significato di atto amministrativo che assume la verifica straordinaria, eseguita in seguito a modifiche sostanziali, poiché il rilascio da parte dell’impresa installatrice assume di per sé una riomologazione dell’impianto.

  • Il contenuto del verbale di verifica di un Organismo abilitato. (Circ. n. 826303 18/04/03 Min. Att. Prod)

    1. La descrizione sommaria dei controlli e delle misure effettuate;
    2. I dati relativi alle suddette misure;
    3. Il nominativo del verificatore che, per conto dell’Organismo, ha effettuato la verifica.
    Nel verbale dovranno inoltre essere sinteticamente indicati i seguenti elementi:

    1. Anno di installazione dell’impianto
    2. Presenza o meno della dichiarazione di conformità ai sensi della legge 46/90
    3. Presenza o meno del progetto (in relazione alla tipologia dell’impianto stesso).

  • Dubbio interpretativo: quando si valutano vecchi impianti già in servizio, cioè preesistenti alla data del 23/01/02, nei casi c) e d) quando si invia la dichiarazione di conformità si deve anche richiedere subito la verifica periodica, poiché presumibilmente sono già trascorsi 2/5 anni dalla messa in esercizio effettiva dell’impianto, oppure la verifica non ha significato di esistere, perché il rilascio della dichiarazione di conformità presuppone che l’installatore esegua le verifiche al termine dell’impianto. La soluzione che sembra più logica è la seguente: richiedere subito la verifica periodica solo nei casi in cui non si fa eseguire un adeguamento dell’impianto dall’impresa installatrice, e quindi nel caso dell’invio dell’atto notorio (d3) e nel caso in cui già esista una dichiarazione di conformità (c1).

  • Qual è il soggetto tenuto a presentare la denuncia e a fare effettuare le verifiche? Sembra una domanda inutile poiché è stato ribadito più volte che si tratta del datore di lavoro, ma un dubbio può sorgere: spesso chi ha lavoratori dipendenti all’interno di una struttura, non è il proprietario della struttura, ma solo l’affittuario. Ebbene cosa accade ? Nulla, ribadiamo che è sempre colui che ha alle proprie dipendenze lavoratori subordinati che deve ottemperare agli obblighi del DPR 462/01, anche se utilizza solo i locali e non ne è il proprietario. Rimane l’incertezza su chi debba sobbarcarsi l’onere economico della verifica, ma questo varia da caso a caso, poiché dipende dal contratto di locazione stabilito fra proprietario e datore di lavoro.

  • E se i dipendenti sono i familiari del datore di lavoro? In caso di aziende in cui lavorano solo familiari del datore di lavoro (la cosiddetta impresa familiare), questi non sono considerati lavoratori subordinati (ai sensi dell’art. 3 del DPR 547/55), e quindi non si applica il DPR 462/01. Questa interpretazione deriva dalla sentenza n. 212 del 3 maggio 1993 della Corte Costituzionale, la quale afferma in sostanza che visti i legami affettivi esistenti, sarebbe problematico l’incastro di obblighi e doveri sanzionati anche attraverso procedure d’ufficio, e quindi dispone la non applicabilità del DPR 547/55 alle imprese familiari. L’impresa familiare è definita dall’art. 230-bis del Codice Civile in questo modo: “quando i familiari, e non altri soggetti prestano in modo continuativo la propria attività di lavoro nella famiglia o nell’impresa e non sia configurabile un diverso rapporto”. Per familiari si intendono il coniuge, i parenti fino al terzo grado (genitori e figli, fratelli e sorelle, nonni e nipoti, zii e nipoti) e gli affini fino al secondo grado (suoceri, nuore e generi, coniuge e cognati, coniuge e nonni dell’altro coniuge). Va da sé che la sola presenza di un lavoratore subordinato esterno alla famiglia comporta l’attivazione delle procedure di denuncia degli impianti, previsto dal decreto. Ricordiamo che se i familiari prestano la propria attività in modo saltuario, o se il rapporto tra familiari è definito con una forma societaria (es. srl, snc, sas, etc.), o se il rapporto ha le caratteristiche di una società di fatto, allora non si può più parlare di impresa familiare.

  • Se in un locale, ad esempio una abitazione, lavorano dipendenti di una impresa esterna? In questo caso non occorre effettuare la denuncia dell’impianto di terra, in quanto i lavoratori subordinati svolgono saltuariamente la loro attività. Ad esempio il dipendente dell’impresa installatrice, dell’idraulico o dell’impresa edile che svolgono lavori in un edificio di civile abitazione non presuppongono quindi l’attivarsi delle verifiche.

  • Impianto di terra comune a diverse attività. Un locale può comprendere differenti attività che fanno capo a differenti datori di lavoro. L’omologazione e le verifiche successive devono essere richieste separatamente da ciascun datore di lavoro, in quanto se è vero che l’impianto di terra è unico, non è lo stesso per tutti gli altri dispositivi utilizzati per la protezione contro i contatti indiretti, interruttori differenziali, conduttori di protezione, equipotenziali, etc.

  • Il comune dà in concessione ad aziende private la gestione di impianti e/o locali (es. asili nido). Ribadiamo ancora una volta che è il datore di lavoro che si deve attivare per l’effettuazione delle verifiche. In questo caso quindi è l’azienda che ha in gestione i locali che se ne deve occupare (sempre ovviamente che abbia alle proprie dipendenze dei lavoratori subordinati). Come per gli affittuari di un locale, anche qui può sorgere il dubbio su chi debba prosaicamente sborsare i soldi, e anche qui dipende dal contratto di gestione stipulato fra Ente locale e azienda privata.

  • Impianto già realizzato, in cui viene assunto il primo dipendente. Può accadere che l’impianto sia stato realizzato in un locale utilizzato da un’impresa familiare o individuale. Al momento del ricevimento della dichiarazione di conformità da parte dell’installatore, l’utilizzatore del locale non deve denunciare l’impianto di terra (e/o scariche atmosferiche e/o esplosione). Nel momento in cui una persona viene assunta, l’utilizzatore del locale diventa datore di lavoro e come tale, sottoposto all’obbligo di invio della dichiarazione di conformità (già posseduta da tempo) all’ISPESL e all’ASL/ARPA, entro trenta giorni dalla data di assunzione del lavoratore subordinato.


Tabella riassuntiva obblighi previsti per impianti nuovi o con modifiche sostanziali

Impianto
Omologazione
Invio della dichiarazione
di conformità
Verifica a campione
Periodicità della verifica
Verificatore
Impianti di terra in locali ordinari Tramite la dichiarazione di conformità dell\'installatore All\'ISPESL e all\'ASL/ARPA entro 30 giorni dalla messa in servizio dell\'impianto ISPESL Cinque anni ASL/ARPA od Organismo abilitato
Dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche in locali non particolari Tramite la dichiarazione di conformità dell\'installatore All\'ISPESL e all\'ASL/ARPA entro 30 giorni dalla messa in servizio dell\'impianto ISPESL Cinque anni ASL/ARPA od Organismo abilitato
Impianti di terra in cantieri, locali medici, ambienti a maggior rischio in caso di incendio Tramite la dichiarazione di conformità dell\'installatore All\'ISPESL e all\'ASL/ARPA entro 30 giorni dalla messa in servizio dell\'impianto ISPESL Due anni ASL/ARPA od Organismo abilitato
Dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche in cantieri, locali medici, ambienti a maggior rischio in caso di incendio Tramite la dichiarazione di conformità dell\'installatore All\'ISPESL e all\'ASL/ARPA entro 30 giorni dalla messa in servizio dell\'impianto ISPESL Due anni ASL/ARPA od Organismo abilitato
Impianti elettrici in luoghi con pericolo di esplosione Tramite prima verifica ASL/ARPA All\'ASL/ARPA entro 30 giorni dalla messa in servizio dell\'impianto NO Due anni ASL/ARPA od Organismo abilitato


Ambito di applicazione

Sappiamo che il decreto si applica agli impianti elettrici di messa a terra, ai dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche e agli impianti con pericolo di esplosione, installati in luoghi di lavoro. Abbiamo anche detto che gli impianti soggetti all’obbligo di verifica saranno individuati attraverso l’emanazione di appositi decreti ministeriali. Fino ad ora, l’unico di questi decreti è il Dlgs 233/03 che riguarda gli impianti nei luoghi con pericolo di esplosione. Per individuare gli impianti soggetti al DPR 462/01 per gli altri tipi di impianti (terra e fulmini), si deve continuare a fare riferimento alle disposizioni legislative vigenti.

Impianto elettrico di messa a terra
E’ il sistema di protezione contro i contatti indiretti attraverso l’interruzione automatica dell’alimentazione. Una circolare ISPESL definisce la verifica dell’impianto di terra come “la verifica del sistema di protezione contro i contatti indiretti con interruzione automatica dell’alimentazione, nel significato della regola dell’arte ai sensi della legge 186/68, in particolare delle norme CEI 64-8, CEI 11-1 e delle corrispondenti norme IEC e documenti di armonizzazione europea”. Non vanno quindi denunciati gli impianti elettrici che basano la loro protezione su un differente metodo, ad esempio doppio isolamento o separazione elettrica. Non vanno nemmeno denunciati gli impianti di terra realizzati per altri scopi come la protezione catodica o la messa a terra degli SPD.

Impianti elettrici nei cantieri
Per impianti elettrici nei \"cantieri\" s’intendono (ai sensi del DPR 494/96 e successive modificazioni, e della Norma CEI 64-8/7, art. 704.1) gli impianti temporanei realizzati nei cantieri destinati a:

  • lavori di costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione, risanamento, ristrutturazione, o equipaggiamento, e lavori di trasformazione, rinnovamento o smantellamento di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura, in cemento armato, in metallo, in legno o in altri materiali, comprese le linee elettriche, le parti strutturali degli impianti elettrici, le opere stradali, ferroviarie, idrauliche, marittime, idroelettriche e, solo per la parte che comporta lavori edili o di ingegneria civile, le opere di bonifica, di sistemazione forestale e di sterro.

  • lavori di costruzione edile o di ingegneria civile gli scavi, e lavori di montaggio e smontaggio di elementi prefabbricati utilizzati per la realizzazione di lavori edili o di ingegneria civile.

Impianti elettrici nei locali adibiti ad uso medico
Per impianti elettrici nei “locali adibiti ad uso medico” (Norma CEI 64-8/7/V2, Sezione 710) s’intendono gli impianti installati in locali destinati a scopi diagnostici, terapeutici, chirurgici, di sorveglianza o di riabilitazione dei pazienti.
Sono compresi tra questi i locali per trattamenti estetici in cui si fa uso di apparecchi elettrici per uso estetico.
Per apparecchio elettrico per uso estetico s’intende un apparecchio elettrico destinato al trattamento estetico che entra in contatto fisico o elettrico col soggetto trattato e/o trasferisce energia verso o dal soggetto trattato.

Impianti elettrici negli ambienti a maggior rischio in caso di incendio
Per impianti elettrici negli ambienti a maggior rischio in caso di incendio (Norma CEI 64-8/7 Sezione 751) s’intendono gli impianti installati in ambienti che presentano in caso d\'incendio un rischio maggiore di quello che presentano negli ambienti ordinari.
L\'individuazione degli ambienti a maggior rischio in caso d\'incendio dipende da una molteplicità di parametri quali per esempio:

  • densità di affollamento;
  • massimo affollamento ipotizzabile;
  • capacità di deflusso o di sfollamento;
  • entità del danno per animali e/o cose;
  • comportamento al fuoco delle strutture dell\'edificio;
  • presenza di materiali combustibili;
  • tipo di utilizzazione dell\'ambiente;
  • situazione organizzativa per quanto riguarda la protezione antincendio (adeguati mezzi di segnalazione ed estinzione incendi, piano di emergenza e sfollamento, addestramento del personale, distanza del più vicino distaccamento del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, esistenza di Vigili del Fuoco aziendali ecc.).
Tutti questi parametri vanno valutati in base ad una più ampia valutazione dei rischi derivante dall’applicazione del Dlgs 626/94 e del DM 10/3/98.

La nuova edizione della norma CEI 64-8, ammette che, in mancanza di una valutazione preliminare effettuata in base ai parametri precedenti, tutti gli ambienti nei quali si svolgono le attività elencate nel DM 16/2/82 sono considerati ambienti a maggior rischio in caso d’incendio. Ai fini della classificazione delle caratteristiche dell’impianto elettrico gli ambienti a maggior rischio in caso d’incendio si suddividono in:

  • Ambienti a maggior rischio d\'incendio per l\'elevata densità di affollamento o per l\'elevato tempo di sfollamento in caso di incendio o per l\'elevato danno ad animali e cose.

    • Rientrano in questo caso strutture come ospedali, carceri, metropolitane, etc.

  • Edifici con strutture portanti combustibili

    • Rientrano in questo caso strutture costruite interamente o quasi interamente in legno come le baite, ma non vi rientrano le strutture che hanno ad esempio solo le travi in legno.

  • Ambienti nei quali avviene la lavorazione, il convogliamento, la manipolazione o il deposito dei materiali infiammabili o combustibili sotto elencati, quando la classe del compartimento antincendio considerato è pari o superiore a 30. I materiali infiammabili o combustibili considerati sono i seguenti:
    • Materiali, sia allo stato di fibre o di trucioli o granulari sia allo stato di aggregati, per i quali in pratica non si considera una temperatura d\'infiammabilità. Sono tali per es.: legno, carta, manufatti facilmente combustibili, lana, paglia, grassi lubrificanti, trucioli;
    • Materiali aventi temperatura d\'infiammabilità superiore a 40 °C o alla massima temperatura ambiente e non soggetti a lavorazione, convogliamento, manipolazione o deposito con modalità da consentire loro il contatto con l\'aria ambiente a temperature uguali o superiori a quella d\'infiammabilità.

Luoghi con pericolo di esplosione
Fino al 9 settembre 2003 per individuare i luoghi con pericolo di esplosione si continuava a fare riferimento alle disposizioni legislative fino ad allora vigenti. Pertanto, si definivano (convenzionalmente) \"luoghi con pericolo di esplosione\" quelli in cui si lavoravano o si depositavano i materiali presenti nelle Tabelle A) e B) del DM 22/12/58 le quali individuavano i luoghi dove si applicavano gli artt. 329 e 331 del DPR 547/55.
A partire dal 10 settembre 2003, giorno di entrata in vigore del Dlgs 233/03, viene cambiata l’individuazione dei luoghi con pericolo di esplosione ai sensi dell’applicazione del DPR 462/01. Non deve più essere seguita una classificazione convenzionale basata su una tabella, ma occorre fare riferimento ad una classificazione effettiva dei luoghi pericolosi. Infatti il Dlgs 233/03 abroga i sopraccitati artt. 329 a) e 331 del DPR 547/55 e relative tabelle A) e B) del DM 22/12/58, per imporre la seguente situazione:

  • Il datore di lavoro deve denunciare all’ASL/ARPA gli impianti elettrici realizzati nelle aree classificate come zona 0 e zona 1 in caso di presenza di gas, e gli impianti elettrici realizzati nelle aree classificate come zona 20 e zona 21 in caso di presenza di polveri
  • Il datore di lavoro provvede affinche\' le installazioni elettriche nelle aree classificate come zone 0, 1, 20 o 21 siano sottoposte alle verifiche biennali previste dal DPR 462/01

Gli impianti nei quali la classificazione porta ad avere solo zone 2 o 22 non deve essere effettuata la denuncia degli impianti installati in quelle zone e quindi nemmeno le verifiche periodiche. La classificazione delle zone pericolose si deve effettuare facendo riferimento alla norma CEI 31-30 per quanto riguarda le atmosfere esplosive in presenza di gas e alla norma CEI 31-52 per quanto riguarda le atmosfere esplosive in presenza di polveri combustibili.
Abbiamo detto che le tabelle A) e B) del DM 22/12/58 sono state abrogate, ebbene è vero solo al 99% in quanto la voce 51 della tabella A) è stata salvata e con essa l’art. 329 b) del DPR 547/55. Il motivo è che la voce 51 si riferisce ai luoghi di lavoro nei quali vengono prodotte, lavorate o depositate materie esplosive considerate tali dal regolamento al T.U. delle leggi di pubblica sicurezza RD 6 maggio 1940 n. 635. Si tratta di quegli impianti nei quali il pericolo di esplosione nasce proprio dalla presenza di sostanze come dinamite, tritolo, etc. che non hanno la necessità del comburente per esplodere, ma solo di un innesco. Per questi tipi di impianti le cose rimangono come prima anche sotto l’aspetto sanzionatorio rimanendo agganciati al Dlgs 758/94.

Installazioni e dispositivi di protezione dalle scariche atmosferiche
Per individuare le attività in cui emerge il problema della protezione dalle scariche atmosferiche si mantengono i riferimenti legislativi vigenti che non sono stati abrogati. Pertanto, si dovrà fare riferimento agli articoli 38 e 39 del DPR 547/55.
L’art. 40 (abrogato) si occupava della protezione contro le fulminazioni dirette su edifici e strutture e in attesa dei decreti annunciati si continua in questo modo. In sostanza la verifica non riguarda la protezione contro le sovratensioni (SPD), ma solo i dispositivi parafulmini (LPS).
Il decreto quindi si occupa di strutture di due tipi:

  • Edifici e impianti in cui si svolgono attività comprese nelle tabelle A o B del DM 689/59 (art. 38 a) del DPR 547/55) oppure camini industriali che, in relazione all’ubicazione e all’altezza, possano costituire un pericolo (art. 38 b) del DPR 547/55);
  • Strutture metalliche all’aperto di notevoli dimensioni come ponteggi, gru, recipienti, serbatoi, i quali devono essere elettricamente collegati a terra in modo da garantire la dispersione delle scariche atmosferiche (art. 39 del DPR 547/55).

Nel caso in cui, dall\'analisi del rischio di fulminazione delle strutture previste dall\'art. 38 comma a) e b) DPR 547/55, risulti che la struttura è autoprotetta, e pertanto non sia stato realizzato un impianto di captazione, non potrà esistere di conseguenza alcuna dichiarazione di conformità.
In tal caso, il datore di lavoro si limiterà a conservare ed esibire, a richiesta degli organi di vigilanza, la relazione tecnica da cui risulti la condizione di \"struttura autoprotetta\".
Per le strutture metalliche previste dall\'art. 39 del DPR 547/55, nei casi particolari in cui la struttura non sia valutabile a priori \"di notevoli dimensioni\" il verificatore può richiedere al datore di lavoro una relazione tecnica con una valutazione del rischio che dimostri che la frequenza di fulminazione diretta sulla struttura (Nd) è inferiore alla frequenza tollerabile (Na). Si veda Norma CEI 81-1 art. 1.2.4 e Norma CEI 81-4.


Tabella riassuntiva dei limiti entro i quali deve essere effettuata la denuncia degli impianti

Condizioni necessarie affinchè scatti l\'obbligo della denuncia (L\'obbligo esiste quando tutte le condizioni che riguardano un dato impianto sono verificate)
Impianto di messa a terra
Dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche
(1° caso)
Dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche
(2° caso)
Impianti elettrici in luoghi con pericolo di esplosione per la presenza di gas o vapori
Impianti elettrici in luoghi con pericolo di esplosione per la presenza di polveri
Impianti elettrici in luoghi con pericolo di esplosione per la presenza di sostanze esplosive
L\'impianto è realizzato in un luogo di lavoro (art. 3 DPR 547/55)
SI
SI
SI
SI
SI
SI
L\'impianto di terra è stato realizzato ai fini della protezione dai contatti indiretti
SI
NON RIGUARDA
NON RIGUARDA
NON RIGUARDA
NON RIGUARDA
NON RIGUARDA
L\'impianto di terra non riguarda cabine e centrali elettriche di aziende produttrici o distributrici di energia elettrica
SI
NON RIGUARDA
NON RIGUARDA
NON RIGUARDA
NON RIGUARDA
NON RIGUARDA
L\'edificio non è autoprotetto dalle scariche atmosferiche
NON RIGUARDA
SI
SI
NON RIGUARDA
NON RIGUARDA
NON RIGUARDA
L\'attività rientra fra quelle elencate nella tabella A o B del DPR 689/59
NON RIGUARDA
SI
NON RIGUARDA
NON RIGUARDA
NON RIGUARDA
NON RIGUARDA
L\'edificio è un camino industriale o una struttura metallica all\'aperto di notevoli dimensioni
NON RIGUARDA
NON RIGUARDA
SI
NON RIGUARDA
NON RIGUARDA
NON RIGUARDA
Esistono installazioni elettriche nelle aree classificate come zone 0 o 1
NON RIGUARDA
NON RIGUARDA
NON RIGUARDA
SI
NON RIGUARDA
NON RIGUARDA
Esistono installazioni elettriche nelle aree classificate come zone 20 o 21
NON RIGUARDA
NON RIGUARDA
NON RIGUARDA
NON RIGUARDA
SI
NON RIGUARDA
La sostanza pericolosa è una sostanza esplosiva di quelle previste alla colonna 1 della voce 51, tabella A del DM 22/12/58. La sostanza è in lavorazione e il tipo di lavorazione rientra fra quelle elencate nella colonna 2 della medesima voce 51 tabella A.
NON RIGUARDA
NON RIGUARDA
NON RIGUARDA
NON RIGUARDA
NON RIGUARDA
SI

Allegati scaricabili
Aggiornamento della Guida al DPR 462/01 (terza edizione)